Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Comunali, salta l’accordo sul contratto Rottura dopo dodici ore di trattative
Le sigle: volevamo chiudere, ma dicono sempre no. Romor: basta pretesti e tattiche
VENEZIA Hanno discusso per dodici ore consecutive, senza esito. L’intesa sul contratto decentrato dei dipendenti comunali non è arrivata e, giovedì notte, i sindacati se ne sono andati sbattendo la porta, indignati. «Volevamo assolutamente chiudere la trattativa, ma ci siamo trovati di fronte continui “no” e la volontà di rimandare - tuonano Cgil, Uil, Diccap e Csa - forse il Comune spera di vincere l’11 luglio in tribunale». L’amministrazione, chiamata in causa, non porge l’altra guancia, rispedisce le accuse al mittente e anzi imputa ai rappresentanti sindacali la colpa della situazione. «Non c’è alcuna rottura della trattativa, il Comune resta seduto al tavolo - dice l’assessore al Personale Paolo Romor - Forse dopo dodici ore ha prevalso la stanchezza, non raccogliamo le provocazioni: forse qualcuno vuole ritirarsi e rompere la trattativa, ma se ne assumerebbe tutta la responsabilità».
Nessuna delle due parti in causa vorrebbe dunque, a parole, rompere il confronto, ma le divergenze su cosa inserire nel contratto lo fanno sembrare un dialogo tra sordi. «L’amministrazione dice no, ad esempio, alla banca delle ore, un istituto previsto dal contratto nazionale del lavoro: un obbligo, non una scelta - tuona Mario Ragno, segretario Uil funzione pubblica - Serve a gestire gli straordinari, dà la possibilità al lavoratore di decidere se recuperare le ore o monetizzarle». Il nuovo contratto nazionale degli enti pubblici è stato sottoscritto da poco, il 22 maggio: «Sono stati modificati alcuni istituti fondamentali e necessitano adeguati approfondimenti - la replica di Romor - Non ci risulta che altre grandi amministrazioni italiane siano ad uno stato così avanzato del decentrato». I sindacati, che hanno presentato ricorso contro l’intesa sottoscritta tra Cisl e Comune, volevano però firmare l’accordo nella notte tra giovedì e venerdì per avere il tempo di indire il referendum tra i comunali prima dell’11, giorno in cui si terrà l’udienza. «Il consenso dei lavoratori, che un anno fa hanno cassato l’accordo con la Cisl (nel maggio 2017 ci furono 2.185 no e 33 sì, ndr), è imprescindibile - spiega Daniele Giordano, segretario Cgil funzione pubblica Avevamo previsto di chiudere il 19, ma non ce l’abbiamo fatta, e nemmeno giovedì». Ora, l’amministrazione ha fissato altri tre tavoli per il 3, il 5 e il 9, a due giorni dall’udienza.
Altro motivo di disaccordo, tra sindacalisti e Comune è stata la ripartizione della produttività: i sindacati vorrebbero
L’udienza Il sospetto è che si voglia aspettare l’udienza dell’11 luglio
destinare il 70 per cento alla performance organizzativa e il 30 all’individuale, il Comune vorrebbe una divisione al 50 per cento. «Siamo scesi al 60/40, poi al 58/42, ma hanno sempre detto no», continua Giordano. Il sospetto dei sindacati è che l’amministrazione tergiversi proprio in vista dell’appuntamento in tribunale, nella speranza di vincerlo. «Non c’è alcuna volontà dilatoria - ribatte Romor - Basta con le pretestuose tattiche sindacali, da una parte si fa finta di trattare, dall’altra si fa ricorso e si continua a provocare l’amministrazione con comunicati e volantini e ad attaccare quei lavoratori che credono nel merito e si confrontano senza pregiudizi».
Non è chiaro quello che accadrà nei prossimi giorni: «Riapriremo il confronto con i lavoratori senza escludere nessuna azione nei confronti dell’amministrazione», promettono Cgil, Uil, Diccap e Csa. Non si trovasse però alcun punto di incontro, potrebbero esserci altre cause e non è escluso lo sciopero.