Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Cammina sulla fune e precipita era senza gancio di sicurezza

Tragica dimentican­za, muore un giovane

- di Davide Orsato

ERBEZZO (VERONA) Una fatale disattenzi­one. Questa la causa presunta della tragedia che è costata la vita venerdì a Matteo Pancaldi, slackliner modenese. Pancaldi, con alcuni amici, ha teso una serie di funi sospese a mezz’aria sull’altopiano che va a morire nello strapiombo della Valdadige. E su quelle corde Pancaldi, come aveva fatto mille volte, ha camminato. Perso l’equilibrio, però, la fune di sicurezza non ha tenuto, probabilme­nte non era stata fissata, e lui è precipitat­o di sotto morendo sul colpo.

ERBEZZO (VERONA) Funi sospese a mezz’aria, laddove l’altopiano va a morire nello strapiombo della Valdadige. Quasi 1.400 metri di vuoto che mettono i brividi. «È come toccare il cielo con un dito» ti dicono i ragazzi nei video di quella mitica «slack», celebre tra gli appassiona­ti di tutta Italia. C’era anche lui tra quelli che avevano «tirato le corde», per la prima volta un anno fa, e poi di nuovo quest’anno, all’inizio della bella stagione. Era l’orgoglio degli «slackliner­s» bolognesi e, insieme a loro, di quelli della provincia di Verona che da «indigeni» avevano scovato il posto: i Denti della Sega, cocuzzoli che emergono come per magia nella distesa piatta della Lessinia, esattament­e sul confine tra Veneto e Trentino.

Matteo Pancaldi, trent’anni, era partito da Spilambert­o, bassa modenese, per fare quella passeggiat­a in cielo. Non era la prima volta e – se non ci fosse stata la tragedia – non sarebbe stata l’ultima. Venerdì sera, alle 18, gli amici, due dei quali, proprio come lui, stavano camminando in equilibrio per raggiunger­e l’altro capo della corda, lo hanno visto precipitar­e nel vuoto. Sparire lungo il fianco della montagna, ricoperto da una fitta vegetazion­e. Non doveva andare così: capita di cadere, nello slackline, anzi, è previsto che capiti di continuo ma c’è una sicura che lega alla fune chi si cimenta in un’attraversa­ta, con un moschetton­e attaccato alla cintola.

Nel caso di Pancaldi, quella corda non era legata. È quanto pensano, almeno, i carabinier­i della compagnia di Rovereto, che stanno indagando sulla vicenda. È quanto emergerebb­e, anche, dalle dichiarazi­oni di quanti erano con lui, che non si sanno spiegare in altro modo, se non con una fatale dimentican­za, quanto accaduto.

Matteo Pancaldi è volato per oltre cento metri prima di essere fermato dal bosco lungo il declivio. Era già morto quando sono arrivati i soccorsi. Dopo l’allarme lanciato dagli amici, è partito da Verona l’elicottero del 118: nel frattempo, due ragazze del gruppo avevano raggiunto il punto dov’era caduto lo slackliner e si sono fermate per segnalare la posizione. Sono così iniziate le operazioni di recupero, che sono andate avanti fino a tarda notte. A rendere impossibil­e l’arrivo del velivolo sul punto dell’incidente è stata proprio la presenza di tre linee di funi messe dal gruppo, un ostacolo pericolosi­ssimo per gli elicotteri. I soccorrito­ri hanno dovuto quindi fare base in una radura davanti una malga, per poi essere portati a turno dove era precitato Pancaldi.

Non appena è stato possibile, il tecnico di elisoccors­o si è calato nel canale e ha recuperato le due ragazze riaccompag­nandole all’auto dei soccorrito­ri giunti da Villa Lagarina e da Rovereto. Quanto al corpo del trentenne, è stato messo in una barella e sollevato verso l’alto lungo il canale per 250 metri, superando salti di roccia fino a trenta metri. Per portarlo in cima, i soccorrito­ri hanno installato una teleferica, facendo salire la barella per contrappes­o. Dopo l’incidente i carabinier­i hanno raccolto le testimonia­nze dei presenti che, per il resto, si sono chiusi nel silenzio, alcuni di loro ancora sotto choc. Erano appassiona­ti che si arano dati appuntamen­to ai «Denti» da Modena, Bologna, Verona e Padova. «Una grande famiglia» li descrive un amico di lunga data di Matteo. Pancaldi era laureato in chimica,

Un amico di Matteo

Il gruppo di slackliner di cui faceva parte Matteo era molto unito, un’unica grande famiglia da Verona, Modena, Bologna e Padova

L’esperto veronese

In quel gruppo ci sono slackliner tra i più bravi d’Italia, esperti noti per le loro imprese. Ma non avrebbero mai trascurato la sicurezza

insegnava educazione tecnica in una scuola media di Vignola. Una persona con la testa sulle spalle, innamorato della natura, spiegano quanti lo conoscono. Anche il gruppo «Slackline Bologna», di cui faceva parte, era noto per l’estrema profession­alità. In passato, l’associazio­ne aveva organizzat­o anche degli eventi patrocinat­i dall’amministra­zione comunale, «camminando» tra le torri del capoluogo emiliano. Senza contare gli eventi, aperti a tutti, nei parchi, con le corde tirate a pochi centimetri da terra. Una reputazion­e solida, la loro: «Sono tra i più bravi in Italia – afferma un appassiona­to di Slackline veronese – esperti noti per le loro imprese. Ma non avrebbero mai trascurato la sicurezza».

Proprio perché sulle linee può sempre cadere, anche la corda viene posizionat­a in un modo particolar­e. Ce ne sono sempre almeno due: si cammina su quella tesa, l’altra, detta di «back-up» sostiene il funambolo se la principale dovesse rompersi. Una serie di precauzion­i prese anche sulle cime della Lessinia. Ma è bastata una sola dimentican­za per spegnere una vita.

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Matteo Pancaldi in una delle sue ultime imprese
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