Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Vitalizio a 103 anni ma Valentino apre «Se lo tolgono a tutti va bene»
Valentino, un vitalizio a 103 anni: «Se lo tolgono a tutti va bene pure a me»
«Se vale per tutti, lo accetto e fine del discorso» dice Valentino Perdonà, decano dei parlamentari veneti con i suoi 103 anni. Parla del taglio ai vitalizi. Lui, veronese, democristiano, 4 legislature alle spalle (1953-1976), in Parlamento ha passato 23 anni e da quarantadue è sul libro paga dei vitalizi della Camera.
VERONA «Se vale per tutti, lo accetto e fine del discorso». Il discorso, con Valentino Perdonà, è lungo. Quattro legislature, 1953-1976, le file della vecchia Dc, un’idea di politica in cui le preferenze passavano più per i citofoni delle case che per i tweet su internet. Veronese di San Giovanni Lupatoto (località Raldon), la gavetta nella sua città da consigliere comunale, assessore poi sindaco di Soave prima di fare i bagagli per la capitale, oggi Perdonà conta 103 anni di cui ventitré da deputato in Parlamento e quarantadue sul libro paga dei vitalizi. Quei vitalizi che ora fanno da tavolo caldo di maggioranza, perché la proposta del M5S prevede la forbice e cioè rendere retroattivo l’attuale sistema contributivo applicato a senatori e deputati dal 2012 sistema non più retributivo come ai tempi di Perdonà - e allora ecco il presidente della Camera, Roberto Fico, che va avanti a testa bassa e quello del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che punta sull’illegittimità costituzionale della proposta. La proposta andrebbe a tagliare anche il vitalizio di Perdonà, circa 4 mila e 200 euro al mese. Lui che la porta del Palazzo, a Roma, la varcava nel ‘53, all’epoca trentottenne, figlio di un agricoltore oltre che dell’associazionismo cattolico, terzogenito a comporre un quadro di undici fratelli, altri tempi e altre natalità.
«Se il taglio vale per tutti, lo accetto e fine del discorso. Dopodiché se mi chiede del governo Lega-M5S non mi trova preparato, porti pazienza». Ti risponde così, Perdonà, al telefono, tono di voce basso e magari un po’ stanco, dalla sua casa di Verona, lui ch’è uno degli ex parlamentari più vintage d’Italia, forse il primatista per anzianità. Tra lui e chi oggi gli agita davanti la forbice c’è l’abisso scavato da parole come quelle pronunciate tre anni fa, al Corriere di Verona, pochi giorni prima del centenario festeggiato il 22 gennaio: «La Dc faceva “sintesi”. Era e si sentiva maggioranza. C’è una forza in grado di farlo, oggi, tra Pd, Lega e i nuovi movimenti? Non mi pare proprio, anche perché tutti per farsi vedere diversi da quello che era la Dc finiscono per rinchiudersi in un campo ideo- logico sempre più ristretto».
Sul campo di Perdonà anche gli studi. Tre lauree. Una in lettere a Padova. Un’altra in giurisprudenza a Bari. Un’altra ancora in farmacia. Insegnante tra il lago di Garda, la città e San Bonifacio. E politico di quella politica che costringeva a macinare più chilometri a piedi che tweet sulla tastiera del computer. Il tutto con la guerra di mezzo: chiamata sotto le armi nel ‘40, circa sei anni in divisa, cinque in zona di guerra, fino all’arrivo degli americani e l’ingresso nel battaglione che risaliva l’Italia a liberarla.
Ancora una domanda fattagli dal Corriere di Verona poco prima del compleanno numero cento: «Meglio la classe politica di oggi o quella di ieri?». Risposta: «Nessun dubbio, quella di ieri. Penso a personaggi come l’ex sindaco di Verona Giovanni Uberti, che pure aveva dei difetti ma era un politico e amministratore vero: lavorava senza sosta, fino a rovinarsi la salute, e aveva una passione politica infinita. Ricordiamo che finì al confino, sotto il fascismo. Oggi quanti sarebbero pronti ad affrontare cose del genere per difendere le proprie idee? Mah, meglio non pensarci».
L’idea del «politico vicino alla gente» - come sintetizzava la Verona che conta nel festeggiare Perdonà nel 2015 - è dunque che il taglio ai vitalizi deve valere per tutti, e se vale per tutti allora okay. «Se vale per tutti lo accetto». Non che siano esattamente della stessa filosofia gli altri ex parlamentari esportati da Verona tra Camera e Senato. Vedi Anna Maria Leone, che parla di «demagogia perché allora si dovrebbe intervenire su tutte le pensioni di privilegio», dopodiché «i problemi non si risolvono riducendo i vitalizi». Vedi Pier Alfonso Fratta Pasini, per il quale «se giuridicamente è possibile ridurre i vitalizi allora non la ritengo una proposta ingiusta, no, ma se dovesse venire fuori il contrario allora, come chiunque farebbe al mio posto, valuterei la possibilità di fare ricorso». Il tempo dirà. Del governo gialloverde Perdonà non dice niente: «Se mi chiede un’opinione sul governo Lega-M5S mi trova impreparato, porti pazienza...». Dei vitalizi, invece, dice quella cosa lì: «Se vale per tutti, lo accetto e basta». Firmato, la vecchia Dc.