Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I PERICOLI E L’INCANTO DEI MONTI
Ogni estate passo almeno un mese in un villaggio delle Dolomiti, una specie di presepio tra i boschi della val Zoldana, circondato dai torrioni del Pelmo, dalle muraglie del Civetta, della Moiazza, del San Sebastiano. D’inverno diventa candido e attira torme di sciatori coloratissimi (quelli detestati da Rigoni Stern) che scendono a precipizio dalle piste collegate a quelle di Alleghe, Arabba, Corvara, passo Giau, Cortina… Ma d’estate, a parte la prima quindicina di agosto, i villaggi della valle sono popolati solo da turisti adolescenti guidati dai loro istruttori, da anziani sorretti dalle racchette che si spingono fino ai rifugi più accessibili, da bimbi piccoli in cerca di fragoline al seguito dei genitori o di «giovani» nonni che ne fanno le veci, da escursionisti che si arrampicano su costoni di roccia spesso fragili, a volte assassini.
La bellezza e l’incanto delle Dolomiti che al tramonto s’illuminano diventando rosa per il ferro che la loro pietra contiene, richiedono infatti competenza e prudenza, che non sempre bastano, peraltro, a garantire l’incolumità di chi le sfida. In pochi giorni, due o tre, anche quest’anno si sono verificati vari incidenti, gravi o meno gravi: cadute rovinose, malori, perdite di orientamento che han richiesto l’intervento di elicotteri del soccorso alpino. Colpa delle rocce friabili, almeno le cadute, ma anche dell’incoscienza, a volte, di chi si avventura fra i ghiaioni senza prima consultare il meteo, senza l’equipaggiamento necessario, o perfino in tenuta da spiaggia.
L’estate scorsa una turista di mezza età s’è avventurata da sola nel «Bosconero» ed è sparita nella foresta intricatissima, da cui è uscita una telefonata subito interrotta che chiedeva aiuto, poi più nulla. La zona è stata perlustrata per mesi, ma la donna non è stata trovata né viva né morta, forse perché caduta nel fondo di un crepaccio, o chissà: è diventata una leggenda.
Si parla molto anche della presenza di lupi e di qualche orso sconfinato dalle regioni vicine. Animali che non attaccano l’uomo se non percepiscono rischi per i loro cuccioli, ma che spesso decimano le greggi, tanto che in provincia di Trento e Bolzano si sarebbe consentito di dargli la caccia, a dispetto delle proteste degli animalisti.
Eppure, anche se non mancano i pericoli, chi se lo può permettere non deve rinunciare al contatto con la natura, generosa o matrigna, che chiede rispetto, che molto dà ma mai gratis.
Resta, intatta, l’allegria dei mercatini, delle feste a base di piatti tipici e di favolosi gelati. Il silenzio dei prati rotto soltanto dallo scampanellio degli armenti. Il focolare acceso nelle malghe e nei rifugi. Resta la meravigliosa pulizia delle strade lastricate dei paesi, dove la raccolta differenziata è davvero un must per tutti. Resta la possibilità di meditare, contemplando gli svolazzi delle rondini, ma anche di cantare e ballare sotto le stelle. Resta infine quel «Buongiorno!», o quel «Sani!» che tutti o quasi tutti si scambiano con un sorriso, tanto diverso dalle espressioni ingrugnate che troppo spesso si scontrano nelle nostre città. Non c’è mondanità, quassù, ma c’è, ed è un lusso, il fascino di una montagna incantata e, forse, il conforto di una ritrovata empatia fra sconosciuti.