Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Export, è il record del decennio
I distretti veneti, trainati dalla Germania, superano i livelli pre-crisi del 2008. Timore dazi
VENEZIA Il dato ha una sua suggestione che va oltre la statistica. Secondo il Monitor di Intesa Sanpaolo, le esportazioni dei distretti industriali del Veneto, nel primo trimestre del 2018, hanno azzerato e superato l’effetto-crisi: il valore assoluto, 6,3 miliardi, ha superato del 17% quello raggiunto esattamente dieci anni fa, nel mitico 2008, ultimo periodo felice prima della recessione. Nove distretti regionali si piazzano tra i primi trenta in Italia per crescita delle esportazioni: merito soprattutto dell’effetto traino garantito dalla Germania.
VENEZIA La fotografia scattata dalla Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo ci riporta a dieci anni fa esatti. Ve lo ricordate il 2008? Uno spartiacque storico, per chi si occupa di questioni economiche: c’è un prima, sotto il segno della crescita continua, e c’è un dopo, drammaticamente marcato dagli effetti di una lunga fase di recessione.
Ebbene, se il primo trimestre di quel 2008 fu l’ultimo segmento felice della parabola tracciata dalle esportazioni dei distretti industriali del Veneto, oggi, a un decennio di distanza, la rilevazione periodica effettuata dal Monitor di Intesa ci restituisce un dato statisticamente molto rilevante: i primi tre mesi di quest’anno sono stati i migliori di tutto il periodo sul fronte dell’export, con valori assoluti (6,3 miliardi di euro) che hanno superato del 17% quelli registrati nello stesso lasso di tempo del mitico 2008. Per la cronaca, 9 distretti veneti si piazzano tra i primi 30 in Italia per incremento delle esportazioni: tra i top player c’è, manco a dirlo, il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, il cui successo è relativamente recente, ma si piazzano anche distretti più tradizionali come la termomeccanica padovana e veronese, le materie plastiche o la meccanica strumentale di Vicenza.
La prima domanda è: per merito di chi e che cosa? Gli analisti del Monitor rispondono rimandando a un fattore geoeconomico fondamentale per le nostre esportazioni, un fattore che si chiama Germania. «Quello tedesco era e rimane il mercato primario per la manifattura veneta - conferma Anna Maria Moressa, curatrice del rapporto - con il 12% di assorbimento: in Germania, nel primo trimestre, si è registrata un’espansione dei consumi e anche degli investimenti, perciò le nostre esportazioni ne hanno beneficiato di conseguenza (più 58 milioni di euro, ndr), soprattutto per la moda, il mobile e la meccanica».
Ma non è tutto germanico l’oro che luccica. C’è dell’altro, che Moressa riassume così: «La vera forza delle nostre imprese risiede nel fiuto per la ricerca di nuovi mercati, diversificando gli sbocchi. Per fare un esempio, l’export verso la Francia ha fatto registrare un +41% (57,8 milioni in valore assoluto) e subito dopo troviamo un mercato emergente come quello indiano».
Questa è la forza che ci può proteggere anche dall’effetto frenante dei dazi? «Al momento, finché si parla di acciaio e alluminio -risponde Moressa -, i nostri distretti vengono toccati dai dazi soltanto indirettamente. Se invece dovessero allargarsi ad altri prodotti o all’area dell’Unione Europea, allora dovremo fare per forza delle valutazioni diverse».
Vista con l’occhio delle imprese, l’analisi trova puntuale conferma. Ribadisce Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro (Padova e Treviso): «La performance brillante dei nostri distretti nel primo trimestre di quest’anno non ha nulla di miracoloso, piuttosto è la conferma della forza del nostro export, che dalla crisi del 2008 è stato in grado di riadattarsi, migliorare la qualità, aumentare la specializzazione del prodotto e orientarsi sempre più verso mercati a maggiore potenziale. Sta proprio qui, nell’eccellenza e personalizzazione, il valore aggiunto e il miglior antidoto a dazi e altre barriere per le nostre produzioni».
E a proposito di Germania primo mercato di sbocco, Finco ha un’idea precisa: «Dobbiamo spostare i confini sempre un po’ più in là, integrare il maggior numero di Pmi nelle catene globali del valore, non accontentarci di essere i terzisti dei tedeschi ma avere l’ambizione di raggiungere direttamente i clienti finali. Per questo serve anche - è il messaggio alla politica - una forte discontinuità nell’azione di supporto al Sistema Italia. E una visione industriale che metta l’impresa al centro delle politiche economiche, evitando atteggiamenti punitivi delle scelte imprenditoriali e valorizzando invece la forte propensione all’export». Capito, laggiù a Roma?
Mai così bene in dieci anni L’export ha raggiunto nei primi tre mesi del 2018 quota
6,3 miliardi, con una crescita del 17% rispetto al 2008