Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Due giorni di festa per i quarant’anni dell’oasi veneziana dedicata a Luciani

- Giulia Busetto

VENEZIA L’alluvione del ‘66 condannava alla rovina le casette di Ghisel. Non fosse stato per don Ettore Formezza e don Costantino da quel deserto d’anime non ne sarebbe mai nata l’oasi Papa Luciani. Succedeva quarant’anni fa esatti. Ed ora in quella baita di anime c’è un via vai continuo, soprattutt­o giovani, da Venezia, Favaro, Marghera e dalla val Cordevole. Oggi e domani sono in gran festa per il primi quattro decenni dell’oasi, gli stessi che sono passati da quando a chi è intitolata quella colonia, Giovanni Paolo I, da patriarca di Venezia divenne papa. E non è un caso che si chiami così, perché don Ettore Fornezza, delegato patriarcal­e di Torcello e San Michele, di Albino Luciani fu segretario personale. «La volontà era quella di recuperare una prima casa per portare i giovani parrocchia­ni veneziani - dice- Luciani ci aiutò nel fare iniziare il progetto, l’anno dopo divenne Papa e ci lasciò dopo 33 giorni di pontificat­o: la promessa che feci a lui venne mantenuta». Promessa di convertire un borgo di montanari disabitato per un decennio dopo l’alluvione. Così nel 1978 è diventato «un posto nel quale si entra in contatto con la natura, si prega, si riflette, si pensa, si condivide, ci si diverte in maniera unica» dice don Formezza, che oggi alle 17 ha dato appuntamen­to a tutti nella sala comune di Filò di Cencenighe per un concerto di fisarmonic­he della Fisorchest­ra Rossini e la presentazi­one del libro sui quarant’anni di Ghisel. Domani alle 10 tutti all’oasi papa Luciani per la messa con il coro di Cencenighe e il pranzo offerto dai volontari.

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Quasi Venezia Un dettaglio del rifugio

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