Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Dopo il no del Tar rivedere la legge Delrio Il sindaco sia eletto»
Referendum, comitati al lavoro per l’appello: ma ci vorrà una settimana. Vanin (M5s): si doveva votare
VENEZIA La sentenza è ancora «calda», i comitati referendari sono già al lavoro sul ricorso, ma ormai la data del 30 settembre è saltata. «Bisognerebbe fare subito l’appello al Consiglio di Stato e chiedere una fissazione urgentissima per puntare a ottenere la sospensiva, ma non sarebbe comunque facile», ammette l’avvocato Stefano Chiaromanni, uno dei portavoce mestrini dei separatisti. La lunga sentenza con cui il Tar del Veneto ha accolto il ricorso di Comune di Venezia e Città metropolitana e ha bocciato la delibera regionale di indizione del referendum è allo studio dei legali e rispondere punto su punto non sarà una passeggiata. «Non ci vorrà meno di una settimana», ammette Chiaromanni, che non nasconde anche l’ipotesi di rivolgersi a un avvocato amministrativista «di grido». Nel frattempo i comitati guardano anche a quello che farà la Regione, sebbene il governatore Luca Zaia l’altro giorno sia stato molto prudente. «Attendiamo le indicazioni dell’Avvocatura», aveva detto.
I comitati confidano nel Consiglio di Stato, ma sanno bene che ci potrebbero volere mesi per una nuova sentenza, forse anche più di un anno. E dato che anche i giudici romani potrebbero concordare con i colleghi romani e ritenere che le modalità di divisione previste dalla legge Delrio sulle Città metropolitane siano prevalenti su quelle generali della legge regionale 25 del 1992, ecco dunque che si fa strada anche il tema della «via politica». «Spesso in questo paese ciò che è legale non è detto che sia anche legittimo dice Orietta Vanin, senatrice del M5s - In Parlamento lavoreremo per ripristinare la democrazia, anche perché per il nostro movimento lo strumento del referendum e la partecipazione sono sempre stati concetti fondamentali». Per Vanin la Delrio «è una delle leggi più pasticciate che ci siano». «Ha scardinato equilibri territoriali importanti», spiega, per poi attaccare direttamente il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro: «Ha chiesto la fiducia dei cittadini facendo delle promesse e non le ha mantenute - conclude Saranno i cittadini a giudicare». D’altra parte sulla pagina Facebook di Brugnaro, sotto i due post in cui esultava per l’esito del voto, sono comparsi quasi mezzo migliaio di commenti, la maggior parte dei quali critici quando non esplicitamente offensivi.
«Da deputato io avevo presentato una proposta di legge per rendere elettivo il sindaco metropolitano - dice invece
Forcolin Le deleghe? Prima la nuova norma, questa è un disastro
Gianluca Forcolin, vicepresidente della Regione Veneto Bisogna ripartire da lì». La legge Delrio, che fonda le Città metropolitane su un capoluogo forte e indiscusso, tanto da aver stabilito che il sindaco dell’uno lo sia anche dell’altra, prevede appunto l’ipotesi di elezione diretta solo in caso di separazione: così infatti il capoluogo sarebbe «indebolito». «Ma se ora il Tar ci dice che per votare la separazione devono andare alle urne tutti i cittadini dell’ex provincia - continua Forcolin - perché non dovrebbe andarci per eleggere il sindaco? Io in questa sentenza leggo una grande apertura su questo e tra l’altro di recente ho partecipato a un convegno in cui tanti anche del Pd dicevano che la legge Delrio è stata un disastro e va rivista». Uno dei punti contestati è quello delle deleghe e Brugnaro è pronto a «battere cassa». «Prima serve la modifica della legge per sapere che cosa fare - conclude il vicepresidente - Bisogna cambiare un ente che ha creato solo danni e carenze, non solo dal punto di vista finanziario: prima se c’era una buca in strada sapevo chi era l'assessore provinciale, ora invece da chi vado?».
Proprio sul tema dell’elezione diretta c’è poi una curiosità. I comitati avevano sottolineato che nello statuto della Città metropolitana approvato un paio d’anni fa si introduceva l’elezione diretta, ma a condizione che non si dividesse il Comune. «Un modo per disapplicare la legge», contestavano. Il Tar ha detto che lo statuto «potrebbe essere illegittimo», ma non è questo il contesto per dirlo.