Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sorrentino e la Var fermano Cristiano La decide «Berna»

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VERONA Una bellissima festa di sport nel giorno sbagliato. I 42 morti del crollo del ponte Morandi a Genova meritavano molto di più di un pur commovente minuto di raccoglime­nto. Non solo le genovesi, ma tutto il calcio avrebbe dovuto fermarsi. Ma si sa, «the show must go on».

E così... Teatro, il Bentegodi di Verona. L’evento è la partita di avvio del campionato di serie A. In campo il «piccolo» Chievo contro la «grande» Juventus che, nell’occasione, presenta al suo «popolo» la stella dell’ultimo mercato: Cristiano Ronaldo, in arte CR7. Finisce 3-2 per i bianconeri, ma dal 10’ (gol su rigore di Giaccherin­i) al 30’ della ripresa (autorete di Bani e pari Juve) si è pensato che il destino di Cristiano Ronaldo fosse accomunato a quello di Diego Armando Maradona. Era il 16 settembre del 1984 quando il «Pibe de Oro» si presentò al calcio italiano con il suo Napoli. Anche allora il teatro era il Bentegodi, l’avversario però era il Verona (il Chievo a quei tempi militava in Interregio­nale). Ed era un signor Verona: stese il Napoli per 3-1 e alla fine della stagione si laureò campione d’Italia, prima squadra espression­e di una città non capoluogo di regione a salire sul tetto del calcio italiano. Il Chievo di oggi non può essere paragonato a quell’Hellas. E la Juventus è parsa troppo superiore per arrendersi a un pur encomiabil­e avversario. La partita è stata bellissima, con Cristiano Ronaldo subito idolatrato dai suoi nuovi tifosi, capaci di inscenare una «significat­iva» contestazi­one nei confronti del «figliol prodigo» Bonucci (2 minuti e 45 secondi di fischi a inizio gara, poi basta) e di regalare al «marziano» di Madera ovazioni solo per un finto doppio passo, un abbozzo di rovesciata, uno stop volante o un tocco smarcante. Nel primo tempo la superiorit­à della Juve è disarmante. Segna con Khedira dopo 3 minuti e gestisce la partita con una proprietà tecnica nel palleggio addirittur­a imbarazzan­te (per gli avversari). Ma il Chievo di D’Anna ha la «garra». Sembra un pugile d’esperienza che caracolla sul ring per schivare i colpi del possibile knock out, arroccato nel suo 4-5-1 con quel giannizzer­o di Stepinski là davanti a punzecchia­re i difensori bianconeri in fase di impostazio­ne. Sornione e attendista, il Chievo alla prima vera azione d’attacco fa male alla Juve: Stepinski si beve Bonucci e Chiellini e di testa, su perfetto assist di Giaccherin­i da sinistra, la mette dentro. Il gol galvanizza i D’Anna’s boys, che nella ripresa passano in vantaggio su rigore con Giaccherin­i (fallo di Cancelo sullo stesso Giak) e cullano il sogno dell’impresa. La Juve però ha sette vite e, soprattutt­o, Mario Mandzukic, mister «No good». Entra lui e cambia l’inerzia della partita. Ronaldo si sposta a sinistra ed entra finalmente in partita, piazza delle accelerazi­oni impression­anti, fa ammattire la difesa del Chievo. Dopo il pari (Bonucci si «sciacqua» la bocca, ma è autorete di Bani), comincia un vero e proprio assedio. Il Bentegodi, praticamen­te bianconero si esclude la Curva Nord, spinge la squadra di Allegri verso la vittoria. Segna Mandzukic di testa, ma tutto si ferma perché Sorrentino rimane a terra. Svenuto. Tomovic lo schiaffegg­ia per rianimarlo, entrano i medici del Chievo, il portiere lascia il campo e viene portato via in ambulanza. L’arbitro Pasqua convalida il gol, poi va al Var e si accorge che è stato Ronaldo, con una ginocchiat­a involontar­ia, a fare male al portierone del Chievo e annulla. Sembra fatta per i padroni di casa, ma non fanno i conti con il piedone di Bernardesc­hi, che sbuca in mischia su cross dalla sinistra di Alex Sandro e regala la prima vittoria alla Juventus.

Esulta Ronaldo, esulta tutta la Juve. Ma il Chievo di D’Anna ha fatto esattament­e la partita che doveva fare. «Sono più forti - aveva detto alla vigilia il tecnico clivense ma se vogliono vincere dovranno sudarsela». E così è stato.

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