Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Soldi per rifare il ponte di Vidor»
VENEZIA «Il ponte di Vidor va sistemato, è a rischio. Non escludo una sua rilocalizzazione». Cosi Zaia, che chiedo soldi a Roma.
VIDOR (TREVISO) L’osservato speciale si alza sul Piave, una ventina di metri sopra il livello del fiume. Il ponte di Vidor, costruito in legno dalla società «Odorico & C» nel 1876 per sostituire l’attraversamento a barca, sostituito dal ponte in pietra nel 1912, distrutto durante la Grande Guerra e ricostruito negli anni Venti come lo vediamo oggi, non va più bene. E non perché non sia sicuro o sia a rischio di cedimento (lo precisano tutti, per evitare allarmi e allarmismi, dalla Regione alla Provincia) ma perché non basta. Troppo pesanti i carichi che deve sopportare, troppo insistenti i flussi di traffico che a inizio Novecento di certo non erano previsti e non in queste proporzioni. Ha bisogno di manutenzioni e «merita i finanziamenti statali». L’ha detto chiaro e tondo il governatore Luca Zaia, lanciando un appello che arriva dritto al ministero delle infrastrutture: «Ha necessità di un intervento, dev’essere rifatto, forse anche in una nuova collocazione e sarà una scelta del territorio, ma merita un investimento importante. Ci stiamo attivando perché venga inserito in questo “Piano Marshall” della viabilità». Solo il giorno prima il presidente della Provincia di Treviso Stefano Marcon aveva annunciato di voler inserire il ponte di Vidor nell’analisi tecnica da consegnare al ministero con le criticità lungo le strade provinciali, al primo punto della scaletta. E il presidente della Regione ha raccolto subito l’appello. Nel 2006 gli uffici veneziani avevano prodotto anche uno studio di fattibilità per il nuovo manufatto: fra i 35 e i 40 milioni di euro il costo, una cifra esorbitante per una strada che non rientrava nemmeno fra le competenze dell’ente, tanto che era rimasto poco più di un bozzetto. La Provincia aveva presentato un ulteriore studio da sei milioni di euro per rafforzare il ponte, allargare la carreggiata e realizzare corsie in sicurezza per pedoni e ciclisti: fermo anche quello nei cassetti. «È un’infrastruttura fondamentale e strategica — sottolinea Zaia —, un collegamento importante, logisticamente e per la mobilità. Sia inserito nel programma di opere straordinarie, non è censito fra le infrastrutture autostradali e per questo motivo rischia di uscire dall’osservatorio, ma merita di essere trattato come i grandi viadotti nazionali». Con queste premesse è evidente che si tratti di una priorità, ma c’è un altro dettaglio non trascurabile. È il ponte dell’oro bianco della Marca, l’unica strada che collega la pianura ai colli di Valdobbiadene e alla prestigiosa Docg: quello su cui passano 23 mila veicoli al giorno ma soprattutto milioni di litri di Prosecco. Se dovesse venire a mancare anche solo per qualche mese (un’eventualità che l’economia di una provincia intera non vuole nemmeno provare a immaginare per una lunga serie di motivi) metterebbe a rischio il settore di punta del Trevigiano. Elementi che si sommano negli appelli delle istituzioni affinché Roma (dopo Venezia e Treviso, incapaci per una questione di bilanci a reperire i fondi) si faccia interprete di un intervento di rilievo davvero nazionale, che il Comune chiede da oltre dieci anni e che ancora non ha soluzioni. Negli ultimi giorni diversi cittadini hanno pubblicato sui social foto di calcestruzzi che si staccano con un semplice bastone dai ponti e dai piloni, in particolare dal viadotto del Fadalto, a Vittorio Veneto, portando in luce armature esposte e arrugginite. L’obiettivo è sollecitare interventi urgenti di messa in sicurezza. «Dopo vent’anni il cemento comincia a degradare e serve una manutenzione — chiude Zaia —. Ma la situazione in Veneto è monitorata e non abbiamo pericoli».