Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Divisione, il mancato rinvio alla Corte Costituzionale
Leggendo la recente sentenza del Tar per il Veneto, che ha annullato la deliberazione della Giunta regionale inerente l’indizione del referendum per la suddivisione del Comune di Venezia nei due distinti Comuni di Venezia e Mestre, ho rilevato alcune criticità in ordine alla trama argomentativa svolta dal giudice amministrativo.
Mi soffermerò in questa sede su due aspetti. Il primo: il Tar, riguardo l’applicabilità del noto articolo 133, comma 2, della Costituzione (che affida alle Regioni ordinarie la disciplina della istituzione di nuovi Comuni e della modifica delle circoscrizioni comunali esistenti), si appiattisce sulla sentenza n. 50/2015 della Corte costituzionale in base alla quale l’articolazione del Comune capoluogo della Città metropolitana normata dalla legge n. 56/2014, costituendo un «presupposto» per l’eventuale elezione a suffragio universale e diretto degli organi metropolitani, rientra nella materia «legislazione elettorale» degli enti locali territoriali attribuita dalla Costituzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Il problema, come si può facilmente intuire, non sta nella gerarchia tra l’art. 133 e la legge Delrio, ma nella competenza. In altri termini, quello che non convince è l’utilizzo del criterio della prevalenza della materia «legislazione elettorale» che finisce per «assorbire» lo spazio di intervento che la Costituzione assegna alle Regioni ad ordinamento comune. Ora, se la giurisprudenza costituzionale ha adoperato questo criterio, al fine di portare ad unità i diversi interessi sottesi ad una certa materia, per i settori rientranti nella potestà legislativa concorrente (cioè ripartita tra Stato e Regioni) e residuale delle Regioni, si può sostenere che esso possa essere utilizzato anche in presenza di una competenza espressamente ed esclusivamente assegnata alle Regioni dalla Costituzione proprio con l’articolo. 133 ? È questo quello che non convince nella sentenza n. 50/2015 che, è bene non scordarlo, non è una pronuncia di conformità a Costituzione. Perché, allora, il Tar. non ha sospeso il giudizio principale e non ha rinviato la questione alla Corte?
E vengo al secondo punto: il Tar. ritiene che l’art. 133 della Costituzione sia rispettato dalla legge n. 56/2014 poiché sottopone la proposta di articolazione del Comune capoluogo al referendum di tutti i cittadini della Città metropolitana e lascia alla legge regionale il compito di istituire il nuovo Comune.
In realtà, secondo la logica dell’art. 133 Cost., ogni proposta di modifica del territorio comunale non deve mai essere il frutto di una scelta calata dall’alto (nel caso di specie dal Consiglio comunale). Lo spazio di intervento delle popolazioni interessate, sebbene possa assumere forme diverse come sostiene la Corte, va collocato nella fase genetica dell’iniziativa modificatoria coerentemente con quella concezione pluralista della democrazia accolta dal nostro ordinamento.