Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Ospedali, mancano specialist­i Arrivano i medici «in affitto»

Profession­isti provenient­i dal resto d’Italia e ingaggiati a turni di 12 ore dalle Usl attraverso le coop I dg: «Mancano specialist­i, soprattutt­o negli ospedali periferici. Selezionia­mo anche i pensionati»

- Nicolussi Moro

VENEZIA Per sopperire all’ormai cronica carenza di specia- listi, le Usl stanno ingaggian- do pensionati e «medici in affitto», cioè profession­isti pro- venienti dal resto d’Italia e reclutati attraverso le cooperativ­e. Lavorano e vengono retribuiti per turni di 12 ore a volta.

VENEZIA Dopo i neolaureat­i in Medicina assunti con contratti libero-profession­ali e, pur senza specializz­azione, messi a curare i codici bianchi al Pronto Soccorso e a prestare servizio al Suem 118, negli ospedali del Veneto tornano i pensionati e arrivano i camici bianchi «in affitto» o «trasfertis­ti». E’ l’estrema ratio alla quale sono dovuti ricorrere i direttori generali delle aziende sanitarie per far fronte all’ormai cronica carenza di specialist­i, in particolar­e al Pronto Soccorso e nei reparti di Ginecologi­a e Ostetricia, Anestesia e Rianimazio­ne, Pediatria e Ortopedia.

Anche «i medici in affitto», come i neolaureat­i e i pensionati, vengono ingaggiati attraverso le cooperativ­e, che in tutta Italia ne reclutano centinaia disposti a spostarsi continuame­nte. Vanno dove c’è bisogno. Per esempio c’è una radiologa romana che una settimana al mese lavora fra Treviso, Venezia e Rovigo e poi torna a ricevere privatamen­te nella sua città e c’è il pediatra siciliano in prima linea con «Medici senza Frontiere» per gran parte dell’anno, ma «a disposizio­ne» degli ospedali del Nord quando non è in missione. Arrotonda così. Il fenomeno è in continua espansione in Veneto, Emilia, Lombardia e Lazio. «Ed è noto da tempo — conferma Antonio Compostell­a, dg dell’Usl 5 Polesana — in attesa di soluzioni istituzion­ali (l’aumento delle borse di studio per gli specializz­andi, ndr), il problema della mancanza di medici si può risolvere solo in tre modi. Acquistand­o prestazion­i in più dagli interni, che però sono già oberati di lavoro e quindi difficilme­nte accettano; sottoscriv­endo contratti con liberi profession­isti, anche pensionati che possono tornare a lavorare in questa nuova veste ma in ospedali diversi da quello in cui operavano come dipendenti del Servizio pubblico; oppure affidandos­i a cooperativ­e che forniscono neolaureat­i o specialist­i a gettone. Questi ultimi comprendon­o i trasfertis­ti, che rifiutano l’assunzione — aggiunge Compostell­a — preferisco­no coprire 72 ore qui e 72 là. Così non hanno il vincolo dell’orario europeo

Antonio Compostell­a (Usl Polesana) Ormai questa modalità di reclutamen­to è una necessità. Alcuni sono fior di profession­isti, altri giovani free lance

(38 ore a settimana, però regolarmen­te sforate e senza il pagamento degli straordina­ri, ndr) e si portano a casa un bel gruzzolo». Dai 4mila ai 6mila lordi euro al mese.

Le Usl chiedono alle cooperativ­e di fornire i medici «in affitto» che pagano, a turni di dodici ore, tra 600 e 720 euro lordi, parte dei quali vanno alla coop. «Darei non so cosa per avere personale fisso, garanzia di continuità assistenzi­ale — assicura il dg dell’Usl polesana — ma ormai questa modalità di reclutamen­to medici sta diventando una necessità. Soprattutt­o per gli ospedali periferici, meno attrattivi. Alcuni dei dottori citati sono fior di profession­isti, spesso in pensione, noi ne abbiamo diversi; altri sono giovani free lance per il momento non interessat­i al contratto a tempo indetermin­ato perché desiderosi di arricchire il curriculum con esperienze diverse». «Cosa dobbiamo fare se ai concorsi non si presenta nessuno? — allarga le braccia Francesco

Benazzi, direttore generale dell’Usl 2 Marca Trevigiana — Noi ricorriamo ai camici bianchi in affitto per il Pronto soccorso, che dobbiamo garantire sempre a regime, altrimenti si configura l’interruzio­ne di pubblico servizio. Ma da tre anni siamo in carenza di specialist­i».

Storce il naso Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine dei Medici di Venezia e segretario regionale della Cimo, sigla degli ospedalier­i: «Ricorrere ai colleghi trasfertis­ti non è un bel segnale, soprattutt­o perché le difficoltà odierne erano ampiamente prevedibil­i anni fa, ma sono state ignorate dai responsabi­li della programmaz­ione sanitaria. I ministeri di Salute e Istruzione continuano a erogare un numero di borse di studio per gli specializz­andi inferiore al fabbisogno: per il 2018 sono aumentate da 6675 a 6934, ma a fronte di 10mila laureati. Più di tremila restano a spasso. Invece di ricorrere a camici bianchi a gettone, che non possono garantire la qualità assistenzi­ale — incalza Leoni — noi proponiamo di utilizzare gli specializz­andi dal terzo anno in poi, stipulando convenzion­i con l’Università di Padova». Stessa idea avanzata dai colleghi dell’Anaao, ma ancora inascoltat­a.

Francesco Benazzi (Usl 2 Marca Trevigiana) Cosa dobbiamo fare se ai concorsi non si presenta nessuno? Da tre anni ci mancano camici bianchi per il Pronto soccorso

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