Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
LO STUPORE E L’UMILTÀ DI LUCIANI
Il 26 agosto di quarant’anni fa, un fragile prete bellunese diventava il protagonista di una svolta decisiva per il pontificato romano. Albino Luciani, dopo un Conclave di appena 26 ore per trovare il successore di Giovanni Battista Montini, e con una maggioranza regale, veniva eletto Papa della Chiesa Cattolica. Il terzo Patriarca di Venezia, nel Novecento, dopo Giuseppe Sarto e Angelo Giuseppe Roncalli, ad essere elevato al soglio pontificio. E’ stato un enigma, per molti. Canale d’Agordo, il paese in cui nacque (a Forno, il 17 ottobre 1912), offre spunti, in questi giorni, per passare dalla memoria alla storia. Il suo ministero episcopale a Vittorio Veneto, dove fu Vescovo dal 1959, per dieci anni), la sua contrastata missione pastorale a Venezia (fede, politica e banche in laguna non hanno mancato di suscitargli preoccupazioni), i 33 giorni appena di pontificato, ne hanno tracciato un profilo che i media amano amabilmente ricordare come il «Papa del sorriso», colui che ha sorpreso chiamando Dio «padre e madre», che si rivolgeva con inquietante semplicità e candore agli «Illustrissimi» del mondo, l’autore di una difficile transizione tra la «vecchia» e la «nuova» teologia. Protagonista o conservatore? La storiografia, non solo cattolica, si sta ancora dibattendo al proposito. E’ da dire che il suo insegnamento non è mai stato teorico o dottrinale, si faceva prassi, azione concreta, nelle pieghe della vita, a partire dalla passione per gli ultimi. continua a pagina 15