Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Gueye, i bei vestiti e i furti «Non espulso per la figlia»

A Marcon: «Non espulso perché aveva una figlia»

- di Giacomo Costa

Mohamed

Gueye (in foto) per gli amici – e per i baristi di Marcon – era sempliceme­nte «Mario», perché in tanti vedevano in lui alcuni tratti di Balotelli. Espansivo, sempre elegante. Andava per pub ma non pagava. Con precedenti per furto, non era stato espulso perchè aveva una figlia piccola.

MARCON L’ultima volta che era passato da Marcon, da dove era sparito un paio d’anni fa, aveva con sé la figlia di pochi mesi e diceva di aver cambiato vita. «Non fumo più, ho messo la testa a posto, l’ho dovuto fare per lei», raccontava, spingendo il passeggino, ai vicini di via Don Bosco, che per cinque anni l’avevano visto andare e venire dalla casa della sorella. In quella villetta a schiera, l’ultima della fila, Mohamed Gueye ha vissuto dal 2010, andando e venendo di continuo e spesso suscitando qualche malumore tra gli altri residenti. Era arrivato in Italia nel 2009 con un volo diretto proprio a Venezia e in mano un visto turistico.

Il ragazzo che venerdì notte gli agenti della squadra mobile hanno arrestato a Mestre per lo stupro di una 15enne ha un volto che tanti a Marcon ricordano ancora: per gli amici – e per i baristi – era sempliceme­nte «Mario», perché in tanti vedevano in lui alcuni tratti del calciatore Balotelli. Espansivo, sempre vestito all’ultima moda ed elegante, Gueye quando girava tra i locali era sempre accompagna­to da un nutrito gruppo di amici, mai dalla compagna, che in pochi ricordano. «Mario» non esitava a mangiare a credito, e chi conosceva la sua situazione lo aiutava volentieri, anche se i suoi debiti ad un certo punto avevano finito per farlo allontanar­e da qualche pub, dove aveva accumulato un conto che superava i duecento euro: «Ogni sera chiedeva un toast e una coca cola, ma non pagava mai. Quando abbiamo notato che aveva strani giri gli abbiamo chiesto di non tornare».

Anche per questo, forse, da due anni Gueye non si faceva più vivo in zona: dal 2015 aveva lasciato la casa della sorella, dove viveva con il cognato, le nipoti e forse anche la compagna, originaria di Mestre. Per un periodo era anche stato ai domiciliar­i, come ricordano bene i vicini che spesso venivano svegliati dai lampeggian­ti dei carabinier­i, sul posto per verificare la presenza del ragazzo ( una volta le sirene avrebbero persino sventato un tentativo di furto). D’altra parte proprio in quell’anno sono iniziati i suoi guai, anche con la giustizia. A fine settembre fu infatti arrestato per aver rubato 700 euro a un giovane studente che aveva conosciuto a Venezia e che l’aveva ospitato quella notte. Un episodio che capitò proprio mentre gli stava scadendo il permesso di soggiorno e che è stato uno dei motivi per cui il rinnovo si è arenato. Da allora è di fatto irregolare sul territorio italiano e nel 2017 il questore di Venezia aveva anche firmato un provvedime­nto di espulsione, poi sospeso e dunque non più esecutivo. «Aveva dei nuovi requisiti», dicono gli inquirenti. La soluzione del giallo l’ha data però Matteo Salvini su Twitter: «Era già stato in passato condannato (inutilment­e) a lasciare l’Italia - ha scritto il ministro - ma avendo avuto una bambina da una donna italiana (che brava persona...) questo verme non può essere espulso».

Allora i problemi erano continui: urla, litigi, risse. La convivenza con la famiglia di origine senegalese era vissuta come difficile da molti dei residenti, che mal sopportava­no i rumori e il viavai continuo. Lasciata Marcon, la compagna con il bimbo sarebbe tornata dai genitori e il 25enne risultava senza fissa dimora: all’ostello A&O di Mestre, dove si sarebbe rifugiato sotto falso nome, qualcuno lo ricorda come un giovane in giacca e cravatta che spesso si fermava a dormire per buona parte della notte sui divanetti esterni; inutili i tentativi di farlo sgomberare. «Diceva di lavorare all’Interspar di corso del Popolo», insiste il personale dell’albergo. Al supermerca­to, però, nessuno lo riconosce, anche se qualcuno sostiene di ricordarlo bazzicare il piazzale del parcheggio. Incerta anche la sua presenza alla mensa di via Querini: alcuni volontari assicurano di averlo visto recuperare i cestini del pranzo fino a una decina di giorni fa, sempre in silenzio, altri giurano di non averlo mai incontrato.

I guai con la giustizia Nel 2015 era stato arrestato per aver derubato un giovane che lo aveva ospitato

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