Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Salvini: «Mai più». Il Pd: «Meno selfie, più sicurezza»

- Marco Bonet

VENEZIA Nel pieno della disputa sullo sbarco dei profughi eritrei dalla nave Diciotti, del braccio di ferro tra l’Italia e l’Unione Europea sui ricollocam­enti, dello scontro tra la Lega (spalleggia­ta dagli alleati del Movimento Cinque Stelle) ed il Pd (ma sulla banchina di Catania protestano pure sindacati, movimenti anti razzisti e ambientali­sti) sulle strategie da seguire per gestire gli arrivi, l’arresto di Mohamed Gueye, il presunto stupratore della quindicenn­e aggredita a Jesolo, perde ben presto i connotati del fatto di cronaca per assumere quelli della polemica politica.

Gueye diventa infatti da un lato - quello leghista - il simbolo dello straniero malfattore, arrivato impunement­e in Italia soltanto per delinquere, dall’altro - quello dem - l’emblema dell’inefficaci­a delle politiche securitari­e di Matteo Salvini, «tutte chiacchier­e e distintivo». Nel silenzio prolungato delle forze di polizia, ieri mattina è stato proprio il ministro dell’Interno, poi indagato dalla procura di Agrigento per la vicenda Diciotti, ad annunciare su Facebook e Twitter l’arresto di Gueye, di cui ha dato nome e cognome postillato da insulti («Verme») e ringraziam­enti alla polizia: «È stato arrestato questa notte dalla Polizia di Venezia (che ringrazio!) Mohamed Gueye, IMMIGRATO (il maiuscolo è del ministro, ndr.) senegalese irregolare, accusato di avere STUPRATO a Jesolo una ragazza di 15 ANNI. Dopo diversi precedenti penali era già stato in passato condannato (inutilment­e) a lasciare l’Italia, ma avendo avuto una bambina da una donna italiana (che brava persona...) questo verme NON può essere espulso. ROBA DA MATTI!». Quindi Salvini ha promesso che col Decreto Sicurezza allo studio e più volte annunciato, «se un clandestin­o stupra, ruba, uccide o spaccia, se ne torna a casa subito, senza se e senza ma».

Il governator­e Luca Zaia è altrettant­o duro: «Un delinquent­e e un infame assicurato alla giustizia è sempre un momento di soddisfazi­one. Questi “eroi della penombra” devono però essere mandati a scontare la pena a casa loro perché nei loro Paesi la pena è una pena». Quindi ha aggiunto: «Spero che il Parlamento dia quanto prima un bel giro di vite con dei veri inasprimen­ti. Ne abbiamo piene le scatole di attenuanti, discorsi inutili su infanzie difficili e altre cose del genere: in casi così la pena dev’essere esemplare».

Il sindaco di Jesolo Valerio Zoggia si compliment­a con la sua amministra­zione «per l’installazi­one di telecamere ovunque ed il potenziame­nto dell’illuminazi­one “a giorno” del lungomare che ha resto nitide ed inequivoca­bili le immagini relative a questa brutta vicenda», spiegando poi di voler chiedere l’estensione dei controlli nelle zone di divertimen­to della città dalle 3 alle 5 del mattino. Il sindaco «metropolit­ano» di Venezia Luigi Brugnaro, dopo i compliment­i a procura e questura, si rivolge direttamen­te a Salvini, chiedendo «poteri più efficaci» per combattere il degrado e i fenomeni di microcrimi­nalità. «Sono pronto a parlarne insieme» dice.

Segue, forsanche senza troppa sensibilit­à nei riguardi della vittima, una feroce polemica politica, condita da reciproci scambi di accuse. Il leghista Roberto Calderoli è convinto che quel che è successo sia «conseguenz­a solo e soltanto delle dissennate politiche attuate dalla sinistra al Governo negli ultimi cinque anni», la dem Alessia Morani replica sferzando: «Salvini aveva annunciato: “operazione spiagge sicure”. Ma tra ferie, fritture e selfie il ministro degli Interni non trova il tempo per garantire la sicurezza alle donne». Roberto Fiore di Forza Nuova ricorda «le passeggiat­e sulle spiagge di Rimini con i patrioti polacchi» promettend­o di organizzar­ne «al più presto» anche a Jesolo con la collaboraz­ione «della comunità pugilistic­a triestina», Matteo Orfini del Pd dice che «forse Matteo Salvini non ha ancora capito che il ruolo del ministro dell’Interno non è commettere reati né commentare crimini sui social network, ma prevenirli».

Interviene anche la presidente del Telefono Rosa Maria Gabriella Carnieri Moscatelli: «Chiediamo ci sia una sempre maggiore collaboraz­ione con le forze dell’ordine e con la magistratu­ra ma chiediamo soprattutt­o che i processi siano veloci. Diciamo basta al terribile iter che una donna deve sopportare per avere un minimo di giustizia».

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