Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Delinquono e vengo usato come fantoccio»
VENEZIA «Vogliono avere degli amministratori che delinquono o vogliono avere degli amministratori normali». É una delle frasi registrate dai carabinieri che per mesi hanno intercettato Gaetano Battocchio, per molto tempo presidente di Ecofficina.
PADOVA «Simone (Borile, il patron di Ecofficina, ndr) sta facendo i suoi porci comodi all’interno della cooperativa». E allora tanto vale che tutti facciano una scelta di campo: «Vogliono avere degli amministratori che delinquono o vogliono avere degli amministratori normali».
A parlare così della coop finita al centro della maxi inchiesta appena chiusa dalla procura Padova (sette gli indagati, compresi i vertici di Ecofficina e l’ex viceprefetto Pasquale Aversa) non era uno qualunque. I carabinieri hanno intercettato per mesi le conversazioni di Gaetano Battocchio, per molto tempo presidente proprio della cooperativa che ha sede a Battaglia Terme.
Nelle oltre 400 pagine che compongono l’informativa finale ora a disposizione delle parti, si ricostruisce il suo turbolento addio agli (ex) soci. Dopo essere finito al centro di due inchieste giudiziarie, nel 2016 Battocchio «iniziava a maturare l’idea di dissociarsi dalla coppia formata da Borile e Felpati (Sara, amministratrice di Ecofficina e moglie di Borile,
ndr)». In diverse intercettazioni spiega di sentirsi «preso come il fesso di turno che dice sempre sì», «mi stanno usando», e che d’ora in avanti «troveranno un altro fantoccio». Ma ammette anche che «l’uomo (Borile, ndr) non so come gestirlo». Nell’informativa si legge che, per smarcarsi da quelli che ormai considerava dei «delinquenti», cercò «di riorganizzare la cooperativa in base alla normativa sulla responsabilità amministrativa delle società e degli enti». Ma per farlo doveva prima ottenerne il controllo. Gli andò male: il 7 marzo 2017, nel corso del Cda «Battocchio veniva estromesso dalla carica di presidente e veniva revocata la corresponsione degli emolumenti dovutigli, mentre Felpati veniva nominata presidente».
Battocchio era convinto di essere rimasto vittima di una congiura: sosteneva che i consiglieri «avevano redatto verbali di precedenti Cda falsificandone il contenuto» per addebitagli condotte scorrette. Ma ai carabinieri interessano soprattutto le telefonate nelle quali, in quei giorni, l’ex presidente si sfogava con gli amici più fidati. I suoi giudizi su Borile erano netti: «È una persona disperata che non ha paura di niente, che costruisce documenti...».
E quando ormai è evidente che verrà estromesso da Ecofficina (che nel frattempo ha cambiato nome in Edeco), Battocchio chiama un’amica e le confida: «Queste persone hanno una falsità, hanno mentito in maniera colossale...». E prima di riagganciare, aggiunge: «Comunque, stare a quello che facevano era indifendibile, era impossibile, era sbagliato... quindi... è stato giusto così».
Infine, il 7 marzo, quando la «congiura» si è completata, un suo collaboratore gli consiglia di dare battaglia «incominciando a fotocopiardi
Battocchio
Borile fa i suoi porci comodi (...) Rimanere qui era sbagliato
Degani e Padrin
I due politici negano di avere mai avuto comportamenti scorretti al fine di favorire Ecoffina
si tutto, ovvero le plusvalenze sul bilancio, e una volta fuori andare dal prefetto e raccontare tutto. Perché (...) quello che sta sbagliando e ha sempre sbagliato è Simone Borile, che nella sua delinquentaggine fa di tutte le cose un interesse privato. Ma quando si amministrano dei beni pubblici non si può usare lo stesso criterio che se amministrasse le sue risorse personali». Battocchio ribatte che contro di lui stanno «costruendo dei castelli altri», e l’amico gli dice che «è tipico di quelli che delinquono».
Fin qui la faida interna a Ecofficina, così come emerge dall’enorme mole di materiale raccolto dagli investigatori. Ma nelle carte vengono citati anche due politici veneti, nessuno dei quali risulta iscritto nel registro degli indagati. Leonardo Padrin, ex consigliere regionale di Forza Italia e già presidente della Commissione Sanità in Regione, è l’uomo che con l’azienda «Food Service Italia» forniva i pasti alle strutture gestite da Edeco (Ecofficina): «La nostra azienda fa ristorazione da undici anni», si è limitato a dire ieri. «E sono certo di aver avuto una condotta esemplare».
Si dice sorpresa Barbara Degani, ex sottosegretario all’Ambiente (già Forza Italia, poi Ncd), la quale compare nell’inchiesta perché, come si legge, si mostrava interessata alle vicende di Ecoffina, tanto da andarne chiedere conto in almeno due circostanze alla prefetta di Padova, Patrizia Impresa. «Non nego di conoscere Borile che era stato uno dei consiglieri provinciali del mio gruppo - afferma - ma non lo sento dal 2014 (anche se nelle carte c’è l’intercettazione di una telefonata tra i due risalente all’ottobre 2015, ndr). Perché andavo a parlarne con l’Impresa? Veramente ricordo un solo incontro con la prefetta ed era per dirle che, se la coop Ecofficina lavorava male, bisognava toglierle l’affidamento. Si trattava comunque di un caso nazionale...».