Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
SOLUZIONI IBRIDE DOPO GENOVA
Aseguito del crollo del Ponte Morandi, si sono gonfiati i muscoli dei «distinguo» sul come muoversi ed operare nel campo scivoloso delle infrastrutture. In Veneto ed Emilia Romagna si è acceso il dibattito; al centro dell’attenzione, la Pedemontana Veneta e il Passante di Bologna. Il buon funzionamento dell’economia dipende non poco dal se e come i decisori politici scelgano di investire su un fattore critico di produzione qual è un’infrastruttura e di gestirla pubblicamente o darla in concessione ai privati. È lunga la coda delle parole già spese a riguardo, ma all’appello ne mancano alcune che messe insieme formano due piccoli pensieri gravidi di conseguenze sul fronte dell’opzione del gestore. Il loro nome? «Costi di transazione» e «costi di intermediazione». Entrando nel merito di questi costi, si potranno fare scelte più oculate sul tipo di gestione, pubblica o privata. Il rilievo dei costi transattivi è tale che le analisi pioneristiche condotte da Ronald Coase gli valsero il Premio Nobel per l’economia nel 1991. Alle voci che si alzano a sostegno della tesi che le infrastrutture non vadano (ri)nazionalizzate, l’eco risponde: optando per le concessioni ai privati, quanto occorre per far fronte ai costi intangibili associati alla ricerca di informazioni, all’avvio negoziati per il processo decisionale e la sua attuazione, alla redazione di contratti, alle ispezioni e supervisione delle persone, agli accordi per risolvere le controversie?
uanto spazio e peso ha la tecnologia digitale per abbassare tali costi tanto da rendere conveniente ed affidabile la concessione?
In particolare, la tecnologia azzererebbe le informazioni non accessibili agli utenti che, proprio per l’asimmetria dell’informazione, sono tuttora soggetti passivi?
Agli esponenti di governo, e non solo, che fanno leva sulla teoria dei beni pubblici per rinverdire l’età delle nazionalizzazioni, si chiede di confrontarsi con i «costi di intermediazione». Anche qui è lunga la serie degli oneri pesanti che si scaricano sugli utenti, offrendo loro servizi inefficienti e di scarsa qualità. L’individuazione dei vertici, dei dirigenti e del personale del gestore pubblico dell’infrastruttura è condizionata dagli interessi personali che si fondono con gli accordi corporativi.
Darsi reciprocamente la voce ed essere tra loro leali: la collusione tacita tra politica e lobby professionali ha già fatto vedere quanto sia largo e profondo il fossato tra i decisori politici e la società dell’economia della conoscenza potenziata dalle tecnologie digitali. Riportare in vita il passato oppure dare continuità al presente stato delle cose sono due danni anche più gravi del dramma causato dal crollo del ponte a Genova.
Il dilemma pubblico-privato si scioglie con la creatività della politica, capace di trovare soluzioni innovative che siano ibride e non riconducibili alle pratiche sin qui adottate. Il mettere insieme mappe della conoscenza le più diverse per poi trasformarle in qualcosa d’inedito nel campo dell’imprenditorialità delle infrastrutture contraddistingue le avanguardie dell’innovazione dirompente.