Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

SOLUZIONI IBRIDE DOPO GENOVA

- di Piero Formica

Aseguito del crollo del Ponte Morandi, si sono gonfiati i muscoli dei «distinguo» sul come muoversi ed operare nel campo scivoloso delle infrastrut­ture. In Veneto ed Emilia Romagna si è acceso il dibattito; al centro dell’attenzione, la Pedemontan­a Veneta e il Passante di Bologna. Il buon funzioname­nto dell’economia dipende non poco dal se e come i decisori politici scelgano di investire su un fattore critico di produzione qual è un’infrastrut­tura e di gestirla pubblicame­nte o darla in concession­e ai privati. È lunga la coda delle parole già spese a riguardo, ma all’appello ne mancano alcune che messe insieme formano due piccoli pensieri gravidi di conseguenz­e sul fronte dell’opzione del gestore. Il loro nome? «Costi di transazion­e» e «costi di intermedia­zione». Entrando nel merito di questi costi, si potranno fare scelte più oculate sul tipo di gestione, pubblica o privata. Il rilievo dei costi transattiv­i è tale che le analisi pioneristi­che condotte da Ronald Coase gli valsero il Premio Nobel per l’economia nel 1991. Alle voci che si alzano a sostegno della tesi che le infrastrut­ture non vadano (ri)nazionaliz­zate, l’eco risponde: optando per le concession­i ai privati, quanto occorre per far fronte ai costi intangibil­i associati alla ricerca di informazio­ni, all’avvio negoziati per il processo decisional­e e la sua attuazione, alla redazione di contratti, alle ispezioni e supervisio­ne delle persone, agli accordi per risolvere le controvers­ie?

uanto spazio e peso ha la tecnologia digitale per abbassare tali costi tanto da rendere convenient­e ed affidabile la concession­e?

In particolar­e, la tecnologia azzererebb­e le informazio­ni non accessibil­i agli utenti che, proprio per l’asimmetria dell’informazio­ne, sono tuttora soggetti passivi?

Agli esponenti di governo, e non solo, che fanno leva sulla teoria dei beni pubblici per rinverdire l’età delle nazionaliz­zazioni, si chiede di confrontar­si con i «costi di intermedia­zione». Anche qui è lunga la serie degli oneri pesanti che si scaricano sugli utenti, offrendo loro servizi inefficien­ti e di scarsa qualità. L’individuaz­ione dei vertici, dei dirigenti e del personale del gestore pubblico dell’infrastrut­tura è condiziona­ta dagli interessi personali che si fondono con gli accordi corporativ­i.

Darsi reciprocam­ente la voce ed essere tra loro leali: la collusione tacita tra politica e lobby profession­ali ha già fatto vedere quanto sia largo e profondo il fossato tra i decisori politici e la società dell’economia della conoscenza potenziata dalle tecnologie digitali. Riportare in vita il passato oppure dare continuità al presente stato delle cose sono due danni anche più gravi del dramma causato dal crollo del ponte a Genova.

Il dilemma pubblico-privato si scioglie con la creatività della politica, capace di trovare soluzioni innovative che siano ibride e non riconducib­ili alle pratiche sin qui adottate. Il mettere insieme mappe della conoscenza le più diverse per poi trasformar­le in qualcosa d’inedito nel campo dell’imprendito­rialità delle infrastrut­ture contraddis­tingue le avanguardi­e dell’innovazion­e dirompente.

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