Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Bagnoli, voci dall’hub «Non è cambiato molto qui si rischia la pazzia»
BAGNOLI DI SOPRA (PADOVA) Canicola di fine estate, sull’ex base missilistica di San Siro, una frazione di Bagnoli di Sopra, campagna padovana, non vola una mosca. Dall’hub che ha ospitato fino a 800 richiedenti asilo e ne accoglie ora 200 si leva un inglese rotondo, africano,che coccia sul francese cantilenato. Tutt’intorno matasse di filo spinato e un cancello-diaframma per le decine di ospiti che vanno e vengono sulle loro biciclette.
Sono i giorni lunghi delle polemiche, dei verbali desolanti. Atti d’accusa contro la gestione di Edeco, la cooperativa che pare aver risparmiato ogni centesimo possibile sulla pelle dei migranti. Dai pasti che mancavano ai malati ammassati a dormire sugli ospiti sani. Loro, gli ospiti, non sono al corrente dell’inchiesta. I giornalisti non sono ammessi. Tocca restare fuori dal cancello militare. Un responsabile ci spiega che devono dirci di no a malincuore: «Serve un permesso della prefettura». E a nominare la prefettura il pensiero va a quelle «soffiate» proprio da parte di personale prefettizio che, per un paio d’anni almeno, avrebbero permesso alla cooperative di Simone Borile, di superare con slancio le ispezioni «a sorpresa». Fuori dai cancelli incontriamo tre ventenni nigeriani, un paio hanno superato i 12 mesi nell’hub, il terzo veleggia verso i due anni. Non una parola di italiano. Ci spieghiamo in inglese. Gli occhi corrono al cancello vicino, alla telecamera di sorveglianza. Il più spigliato si affretta a dire che più o meno la situazione è sempre la stessa. A un altro scappa «Va sempre peggio». Di sicuro le lezioni di italiano non sembrano aver sortito dei grandi risultati. A indignare i tre ragazzi sono i «transfert» che non si fanno più. Da un paio di mesi. Il costante drenaggio verso luoghi di microaccoglienza ottenuto con le marce dell’autunno scorso si è fermato. Poco dopo arriva un altro ragazzo, viene dalla Guinea e ha 22 anni. Parla correttamente tre lingue ma, dopo
Il migrante Malati con i sani, situazione grave
un anno e 8 mesi nell’hub, fra queste non c’è l’italiano. Allora in francese. Gli chiedo come va nella base. La risposta è ponderata: «Va sempre peggio, la situazione è grave». Lo dice calmo, guardandomi dritta negli occhi. Gli chiedo del cibo. «Il problema non è il cibo - spiega - ho sempre pensato che se non guadagno non mangio. E cerco di dirlo anche agli altri. Dobbiamo lottare per due cose: i documenti e, subito dopo, un lavoro onesto. Sai, se potessi varcare quel cancello vedresti molti ragazzi che non stanno bene. Di testa. Due anni senza poter far nulla, solo dormire e mangiare, ti fanno impazzire. Per questo io non bevo, non fumo, mantengo i nervi saldi. Non tutti ci riescono». Poi conferma: se arriva gente ammalata la mettono con gli altri, senza preoccuparsi del contagio, il personale è sempre quello, poco. «Ci lasciano languire». Gli chiedo se è arrivato via mare. Gli occhi per la prima volta si abbassano, così come la voce: «De la Libye». Un sussurro.