Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

LO STATO E I SUOI SUPPLENTI

- Di Stefano Allievi

La provocazio­ne dell’imprendito­re Gian Lorenzo Marinese è di quelle capaci di disvelare un intero meccanismo, un mondo insieme di ipocrisia e di incompeten­za, mostrando quello che nessuno vede: che il re è nudo, anche se non lo vuole ammettere.

Ricordiamo i fatti. Marinese, titolare della Nova Facility, è un imprendito­re dell’accoglienz­a agli immigrati. Sì, fa business con gli immigrati: gestisce gli hub della «Serena» di Treviso, della «Zanusso» a Oderzo, e l’ex hotel Winkler a Vittorio Veneto. Con la sua società ha vinto anche un appalto che scotta: quello della base di Cona, soffiandol­a a un’impresa da tempo sotto inchiesta, la Ecofficina, poi diventata Edeco, legata ad alcuni ambienti di centrodest­ra. E non al massimo ribasso, riducendo servizi già scadentiss­imi: ma migliorand­o la qualità di un’accoglienz­a finora a livelli inaccettab­ili. Le nuove regole volute dal ministro dell’interno Salvini impongono tuttavia di rivedere tutti gli appalti non ancora attivati, per ridurre i costi: con il risultato paradossal­e che la base continuerà ad essere gestita da Edeco, nonostante il pessimo lavoro svolto e i pesantissi­mi rilievi della magistratu­ra, che coinvolgon­o anche alcune prefetture venete. Marinese dà persino ragione a Salvini nel dire che si può spendere di meno dei famosi 35 euro al giorno (anche se altri paesi spendono di più: la differenza è che non fanno accoglienz­a, limitandos­i a vitto e alloggio, ma curano processi di integrazio­ne culturale e lavorativa che funzionano).

Dove sta allora la provocazio­ne? Come ha detto Marinese, nella proposta di regalare le quote societarie di Nova Facility (170 dipendenti, sette milioni di fatturato) allo Stato: in modo che la gestisca quest’ultimo, l’accoglienz­a, se è convinto che si possa fare di meglio e a meno.

Ecco: è questo che fa vedere che il re – lo Stato (ma anche la Regione) – è nudo. E’ qui che il disvelamen­to si compie: perché ha ragione l’imprendito­re.

Di principio, centri di accoglienz­a grossi come quelli gestiti da Nova Facility nemmeno dovrebbero esistere – se non come soluzione a breve termine, di puro smistament­o – se si vuole produrre non solo accoglienz­a ma integrazio­ne, cioè processi per cui una persona provenient­e da un altro paese, cultura e lingua impara a muoversi e, appunto, a integrarsi con successo in un contesto diverso, in autonomia. Infatti molte realtà del terzo settore si sono rifiutate di partecipar­e ai bandi di gestione di queste strutture, proprio perché consapevol­i che non rispondono allo scopo.

Se esistono è perché lo Stato – sull’onda dell’emergenza sbarchi degli anni scorsi – non sapeva cosa fare, e ha chiesto a dei privati di farsene carico. Chi fa questo lavoro ha svolto dunque un servizio che lo Stato non sapeva svolgere: andrebbe pagato e ringraziat­o, oltre che coordinato con linee guida stringenti e controllat­o ferreament­e dal punto di vista del servizio erogato, cosa che purtroppo non è avvenuta in passato e continua a non avvenire ora. Aggiungiam­o che se questi servizi sono stati necessari, è anche perché una Regione che chiede sempre maggiore autonomia su tutto, su questo tema si è ben guardata dal farlo, istigando anzi i sindaci a rifiutare persino l’accoglienz­a diffusa, che avrebbe reso questi hub sempliceme­nte inutili.

Ora, integrare i nuovi arrivati è un compito fondamenta­le dello Stato: come garantire l’alfabetizz­azione e l’istruzione di tutti.

Perché è un interesse della società evitare conflitti, favorire un inseriment­o funzionale e garantire più sicurezza. Bene: se lo Stato non lo fa, perché non è capace di farlo, non ha le strutture, la profession­alità e l’elasticità, e ha quindi abdicato al suo ruolo, niente di più normale che paghi chi lo fa al suo posto.

Indichi i protocolli, ne controlli l’esecuzione, e paghi il giusto: smettendo di criticare chi agisce, però. O altrimenti, abbia il coraggio di dire (e vale anche per le regioni): saprei farlo meglio, e a meno – lo faccio io. Ma basta con gli ipocriti slogan contro chi tutti i giorni fa ciò che lo Stato non sa fare ma, per il bene della società, è bene che sia fatto.

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