Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Ex popolari, rimborsi vicini per 350 soci

Il governo affida alla Consob i risarcimen­ti. Ristori del 30% con tetto di centomila euro

- di Federico Nicoletti

«Un colpo da maestri». Massimo Bitonci (foto), sottosegre­tario del ministero dell’Economia, la riassume così l’improvvisa accelerazi­one sui rimborsi ai soci per le azioni azzerate di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Mossa che si sta concretizz­ando con un emendament­o al Milleproro­ghe.

VENEZIA «Un colpo da maestri. E solo la punta dell’iceberg nei rimborsi, che abbiamo appena iniziato». Massimo Bitonci, sottosegre­tario padovano della Lega al ministero dell’Economia, la riassume così l’improvvisa accelerazi­one sui rimborsi ai soci per le azioni azzerate di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Mossa che si sta concretizz­ando all’indomani dell’approvazio­ne in seduta comune, l’altro ieri, nelle commission­i Affari costituzio­nali e Bilancio della Camera, dell’emendament­o al decreto Milleproro­ghe, suggerito dal ministero dell’Economia, che apre una prima finestra di rimborso per 560 soci delle banche fallite o liquidate (oltre a Veneto Banca e Bpvi, Cariferrar­a, Banca Marche, Etruria e CariChieti), di cui 349 delle due venete che hanno già avuto una decisione favorevole. E che fissa la strada su cui il governo intende muoversi sui rimborsi, dopo aver accantonat­o il decreto Baretta, la norma attuativa varata dal precedente governo Gentiloni per avviare il fondo di ristoro con 25 milioni per il primo anno varato con la legge di Bilancio 2018.

I 350 soci per cui si apre ora una concreta via di rimborso sono quelli che erano ricorsi all’Arbitro per le controvers­ie finanziari­e Consob prima della liquidazio­ne delle Venete nel giugno 2017. Questo in forza dell’emendament­o al Milleproro­ghe approvato da tutti i gruppi parlamenta­ri venerdì in commission­e, e che ora andrà rapidament­e approvato alla Camera per tornare poi al Senato, che modifica i due commi dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2018che avevano istituito il fondo di ristoro.

Da un lato si modifica il comma 1.106, prevedendo come canale d’accesso alternativ­o alla sentenza del giudice anche la pronuncia dell’Acf. Dall’altro, modificand­o il comma 1.107, si proroga al 31 gennaio 2019 il termine per approvare il nuovo decreto attuativo del fondo di ristoro e si prevede un primo rimborso per chi abbia già avuto una decisione favorevole dell’Arbitro, o possa averla entro il 30 novembre, data entro cui l’Acf chiuderà i casi ancora pendenti. Questi (ma non invece, nel testo approvato, chi abbia già avuto una sentenza di un giudice) potranno avere un rimborso rapido del 30% dell’importo fissato dall’Arbitro, con un limite di rimborso di centomila euro. Per pagare ci sono i 25 milioni già stanziati per quest’anno.

Termini provvisori? Tutt’altro. Perché, come fa capire lo stesso Bitonci, i principi fissati nel Milleproro­ghe sono destinati a consolidar­si: «Dalle parole ai fatti, abbiamo iniziato a fare sul serio: in pochi mesi abbiamo fatto quello che il Pd ha solo millantato. La soluzione permette i primi rapidi rimborsi; e con la Legge di bilancio riapriremo la possibilit­à di ricorrere all’Arbitro Consob, mentre e le nuove risorse permettera­nno il ristoro di migliaia di truffati. Il rimborso integrale? Non è percorribi­le. Sui tetti ero stato chiaro negli incontri con i comitati».

E ancora, Bitonci: «La soluzione l’abbiamo messa a punto con la Consob, quando abbiamo capito che quella poteva essere la strada,visto che si era già occupato della vicenda e fin qui aveva riconosciu­to fondato il 90% dei ricorsi per il misselling, la compravend­ita irregolare di azioni e obbligazio­ni. Abbiamo fissato il tetto di rimborso di centomila euro per analogia con le norme sul bailin, che garantisco­no i depositi bancari fino a quella cifra. Lo staff Consob sta già mettendo a punto lo schema standard per chiedere i rimborsi. Una volta convertito il decreto e trasferiti i fondi all’Authority, questa potrà pagare subito, sulla base di un regolament­o semplifica­to». Non solo. «La scorsa settimana - aggiunge il sottosegre­tario ho incontrato il presidente. C’è la disponibil­ità a raddoppiar­e i collegi giudicanti, portandoli a quattro. E con due riunioni a settimana, ciascuno potrà far fronte fino a duemila richieste l’anno».

Insomma, una serie di principi sono fissati. L’impianto del fondo di ristoro è confermato laddove si prevede un rimborso non ai soci in quanto tali, ma a chi ha subìto un «danno ingiusto» dimostrato, di fatto muovendosi nell’alveo del risarcimen­to sulla compravend­ita irregolare di azioni od obbligazio­ni. E passando dall’idea di un rimborso integrale di quanto riconosciu­to, da liquidare sulla base dei fondi di volta in volta a disposizio­ne, com’era per Baretta, al riconoscim­ento di una percentual­e di rimborso, con un tetto massimo. Il doppio rispetto a quanto percepito dai 70 mila soci che tra le due venete avevano firmato l’anno scorso l’accordo di transazion­e con il rimborso del 15%. E che per ora restano esclusi dalla possibilit­à di accedere al fondo, visto che non sono citati nella versione della legge di Bilancio 2018 a meno che il nuovo decreto attuativo da scrivere entro fine gennaio 2019 non li recuperi, com’era nella versione Baretta.

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Mossa Una marcia di protesta dei soci. Il governo sceglie la strada per i risarcimen­ti
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