Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Indagine Cgia, il Veneto evade 9 miliardi «Troppe tasse, ce ne sono più di cento»
Al Sud il record del sommerso. Ogni anno si lavora fino al 2 giugno solo per pagare il Fisco
VENEZIA L’imposta sulla sigaretta elettronica e quella sulla birra. La sovraimposta sui fiammiferi e quella sui sacchetti di plastica non biodegradibili. L’ecotassa, la Tasi, la Tia, la Tarsu, la Tares, la Tari. Il canone Tv e il bollo auto. La Cgia di Mestre ne ha contati 110: tasse e balzelli d’ogni tipo che accompagnano la vita di ciascuno di noi dalla nascita (tasse scolastiche varie) alla morte (imposte sui fondi pensione e poi, ovviamente, di successione). C’è perfino la tassa sulla tassa: «L’esempio più clamoroso lo subiamo quando ci rechiamo a fare il pieno alla nostra autovettura spiega il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo -. La base imponibile su cui si applica l’Iva, infatti, è composta anche dalle accise sui carburanti».
Negli ultimi 20 anni (19972017) il peso delle tasse in capo ai 41 milioni di contribuenti italiani è aumentato di 198 miliardi di euro. E se l’inflazione in questi 2 decenni è aumentata di quasi 43 punti percentuali, le entrate tributarie sono cresciute di oltre 65 punti, vale a dire il 22,5 per cento in più del costo della vita. Ne consegue, secondo l’associazione artigiana, un aumento dell’evasione perché più il Fisco insegue e più il contribuente prova a squagliarsela: «Come emerge in molti manuali di scienza delle finanze – prosegue Zabeo - con un carico impositivo smisurato anche l’evasione fiscale assume dimensioni economiche preoccupanti. Secondo una nostra elaborazione, infatti, la media nazionale dell’evasione fiscale è al 16,3 per cento, con punte del 24,7 in Calabria, del 23,4 in Campania e del 22,3 per cento in Sicilia. A livello nazionale stimiamo che le imposte sottratte al fisco siano poco più di 114 miliardi di euro». L’insieme delle imposte evase a livello regionale, spiegano dall’Ufficio studi, è stato stimato applicando al valore aggiunto sommerso un coefficiente determinato dal rapporto tra il gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dai conti nazionali, al netto dell’economia non osservata.
Il Veneto, secondo la Cgia, si colloca agli ultimi posti della tutt’altro che gratificante classifica del «nero», con un 14,3 per cento che vale, comunque, 9,3 miliardi di euro (in termini assoluti la cifra più rilevante è quella della Lombardia, con 19,3 miliardi, che però all’economia più florida d’Italia, sicché in percentuale siamo al 12,7 per cento).
«In linea generale – segnala il segretario della Cgia Renato Mason - in nessun altro Paese d’Europa viene richiesto uno sforzo fiscale come in Italia. La nostra giustizia civile è lentissima, la burocrazia ha raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione rimane la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logisticoinfrastrutturale registra dei ritardi spaventosi: nonostante queste inefficienze, la richiesta del nostro fisco si colloca su livelli elevatissimi e, per tali ragioni, appare del tutto ingiustificata».
Nel 2016 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 2 giugno (154 giorni lavorativi), vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area Euro e 9 se, invece, la comparazione è realizzata con la media dei 28 Paesi dell’Ue. Se confrontiamo il «tax freedom day» italiano con quello dei nostri principali competitori economici, proseguono dalla Cgia, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore a quello italiano (+21); tutti gli altri, invece, hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale con un netto anticipo. In Germania, ad esempio, 7 giorni prima di noi, in Olanda 12, nel Regno Unito 27 e in Spagna 28. Il paese più virtuoso è l’Irlanda: con una pressione fiscale del 23,6 per cento permette ai propri contribuenti di assolvere gli obblighi fiscali in soli 86 giorni lavorativi.
«Al netto delle tariffe applicate dai commercialisti - conclude Zabeo - il costo della burocrazia fiscale in capo agli imprenditori ammonta a circa 3 miliardi di euro all’anno».