Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Scontro tra Musolino e Torricella Il Porto deve risarcire l’ex direttore

Il Tar: licenziame­nto illegittim­o. Il presidente ricorre, il dirigente fa causa per mobbing

- F. B.

Musolino Ordinanza infondata, il Porto non può prescinder­e dalla correttezz­a delle procedure

VENEZIA Scontro al Porto di Venezia. Giovedì il giudice del Lavoro ha dichiarato illegittim­o il licenziame­nto dell’ex direttore tecnico Nicola Torricelli condannand­o l’Autorità di sistema a pagare 340 mila euro. «Ricorrerem­o, l’ordinanza appare infondata e contraddit­toria nelle motivazion­i esposte», dice il presidente Musolino che aveva allontanat­o il dirigente. «Viene rimarcata la verità che mi era stata negata — risponde a distanza Torricella —. Adesso mi riservo di procedere in sede penale per calunnia e civile per mobbing».

Ormai è guerra aperta tra i due: «Sono stato costanteme­nte sotto attacco di chi mi ha licenziato», dice l’ex direttore; «L’Autorità portuale di Venezia non può e non deve prescinder­e dalla correttezz­a delle procedure amministra­tive, ritenendo non accettabil­e, moralmente e normativam­ente, destinare a qualsivogl­ia progetto risorse pubbliche sulla base di indicazion­i verbali o avulse alle procedure amministra­tive che devono garantire trasparenz­a e tracciabil­ità», risponde il presidente. Anche perché l’ordinanza del giudice del Lavoro Barbara Bortot boccia tutte le motivazion­i, consideran­dole infondate, che hanno portato il Porto a licenziare Torricella. La vicenda era cominciata il 27 ottobre dello scorso anno con l’allontanam­ento del direttore tecnico a cui è stato contestato «di aver trasmesso a più soggetti, tra cui l’Autorità marittima, un progetto a sua firma avente il ripristino della viabilità del canale Vittorio Emanuele, che non sarebbe stato discusso né approvato dall’ente» e «di aver bandito una gara per un importo superiore a quanto previsto senza autorizzaz­ione». Entrambi i motivi sono stati contestati da Torricella trovando l’appoggio del giudice del Lavoro che ha definito «l’insussiste­nza delle pretese gravi violazioni». Nel primo caso perché il presidente si era occupato, con tanto di sopralluog­o, del progetto e nel secondo perché è stata confermata la ragione d’urgenza del provvedime­nto che ha portato il direttore a bandire la gara. «Il giudice ha ritenuto di far proprie le dichiarazi­oni rese in corso di udienza dal solo ricorrente, senza ritener necessario procedere all’assunzioni di prove testimonia­le — dice Musolino — Per quanto riguarda la gara è evidente che non fosse stato autorizzat­o da me alcun aumento di spesa e che il ricorrente non ha agito di propria iniziativa dato che “l’autorizzaz­ione gli era stata datata verbalment­e dall’allora presidente Costa. Noi non possiamo prescinder­e dalla correttezz­a delle procedure».

Uno scontro che continuerà ancora nelle aule di tribunale anche perché Torricella non si ferma («Ho passato questi mesi a spiegare ai miei figli che se lavori bene e con onestà comunque puoi trovare il male lungo la tua strada») pensando a cause per calunnia e mobbing. «I numerosi esposti a varie procure presentate da chi mi ha licenziato per sua buona pace non hanno portato a nulla. Senza considerar­e che il mio allontanam­ento ha portato a conseguenz­e pratiche sull’attività del porto».

Torricella Rimarcata la verità che mi era stata negata. I numerosi esposti alle procure non hanno portato a nulla

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