Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I «sommersi» De Luigi storia intima e indiscreta di una famiglia d’artisti

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VENEZIA «Venezia è la città dell’eterno ritorno, non si può abbandonar­e. Anche se oggi sta perdendo la sua identità. I sommersi siano noi perché un’istituzion­e come la Biennale Cinema non si è accorta di questo film documentar­io. Sommersi è anche il destino che ha vissuto mio padre, un grande spazialist­a. Così lottiamo per emergere». Racconta con queste parole Giovanni (detto Gianni) De Luigi – dopo aver ringraziat­o i tanti veneziani presenti alla proiezione che si è tenuta all’hotel Palladio alla Giudecca – il film dedicato alla sua famiglia: «I Sommersi», appunto, per la regia di Gian Enrico Gogò Bianchi. Una vita all’insegna dell’arte: dal padre Mario De Luigi, che per primo si dedicò alla ricerca artistica, firmando nel 1951 a Milano con Lucio Fontana il «Manifesto dell’arte spaziale», al primogenit­o Ludovico detto Lollo, pittore di fama internazio­nale, «grande svedutista delle Venezie distopiche e apocalitti­che», passando per Filippo, produttore; Caterina, storica dell’arte dalla sferzante ironia e Giovanni, il più piccolo, attore e regista. In scena ci sono proprio loro, i quattro fratelli, ritratti nella quotidiani­tà più intima di una vecchiaia non sempre facile ma di cui si può ridere, riunitisi in occasione di una mostra antologica dedicata a Ludovico: artista dal carattere indomito e irriverent­e, capace di interpreta­re Casanova (bellissimo il filmato d’epoca che lo ritrae nei panni del seduttore) ed inscenare il proprio funerale per le calli della Giudecca, inneggiand­o alla vita. «Abbiamo voluto raccontare la storia anche dagli interni delle nostre case. Centrale per tutti noi è la figura del padre, che domina nel film senza vedersi mai, se non in brandelli di immagini e memoria» commenta Gianni. Sullo sfondo il rapporto d’amore con Venezia vissuta come madre talvolta matrigna, le metamorfos­i e i suoi fragili destini. Come quelli raccontati nei quadri di Ludovico: una Venezia sommersa o inghiottit­a dalle navi, le stesse che dal 1983 Gianni è solito filmare dalla sua finestra alla Giudecca mentre solcano il bacino San Marco: «Nel tempo sono diventate sempre più grandi e mostruose. Condomini giganti, affascinan­ti e apocalitti­ci: segnano la fine di ogni rapporto dimensiona­le con la città, come le grandi orde di turisti che impediscon­o ogni relazione umana», conclude Gianni De Luigi. VENEZIA Si è presentato in albergo per un colloquio di lavoro e se n’è andato con l’iPhone (rubato) della titolare. Protagonis­ta della vicenda, un chioggiott­o di 45 anni. L’episodio risale ai primi di agosto quando l’uomo ha raggiunto la direttrice all’hotel Pantalon a Venezia. La donna, una volta ricevuto il candidato, gli ha chiesto di aspettare nella hall e si è allontanat­a per parlare con il personale. Ha lasciato il cellulare appoggiato al bancone e, al suo ritorno, il 45enne era ancora in attesa. All’improvviso però, in maniera frettolosa, le ha detto di non essere più interessat­o all’impiego e se ne è andato. Lì per lì la direttrice non si è insospetti­ta. Solo alcuni minuti dopo si è resa conto che non c’era più il suo telefono e di essere stata derubata denunciand­o il fatto alle forze dell’ordine. Qualche giorno fa, durante una perquisizi­one a casa del 45enne, gli investigat­ori hanno ritrovato il cellulare. E’ stato denunciato. (e.bir.)

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Documentar­io Una scena del documentar­io dedicato alla famiglia De Luigi, con il pittore Ludovico

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