Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il silenzio di Gaiatto: «Innocente» Denunce da tutta Italia per i soldi
Il gip: truffa come sistema di vita. Le minacce del broker e l’ombra della camorra
VENEZIA «Sono innocente, respingo ogni addebito». Najima Romani, affiancata dal suo avvocato Maurizio Miculan, ha pronunciato poche parole, poi si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Troppi gli elementi da capire e le carte da leggere, decine di faldoni. Idem il compagno Fabio Gaiatto, il 43enne broker abusivo portogruarese arrestato insieme a Romani ed altri tre con l’accusa di essere stato a capo di una banda di truffatori che ha imbrogliato tremila clienti e raccolto 72 milioni di euro di cui solo 29 restituiti, con una «voragine» di 43 milioni. Clienti che nell’arco di un paio d’anni si sono moltiplicati grazie a un passaparola nato nei bar, dove si parlava dei fantasmagorici guadagni garantiti dal «genio del Forex», il mercato delle valute. E che non si sono fermati solo alle province di Venezia, Treviso e Pordenone. «Ieri mi hanno chiamato vittime da Torino, Milano, Genova, l’Emilia - dice l’avvocato Luca Pavanetto - Credo che la truffa abbia coinvolto mezza Italia».
Sia l’avvocato Miculan, che i difensori di Gaiatto, i colleghi Luca Ponti e Loris Tosi, faranno subito ricorso al tribunale del riesame di Trieste. «Il pericolo di fuga non c’è perché in questi mesi, pur sapendo dell’inchiesta, hanno sempre vissuto a Portogruaro, dove i figli vanno a scuola», dice Miculan. «Anche la reiterazione è impossibile», continua Ponti. Il gip di Pordenone Rodolfo Piccin nell’ordinanza contesta pure l’inquinamento probatorio, partendo da due episodi: il primo è l’ordine di bruciare i contratti che Gaiatto, una settimana prima del suo interrogatorio del 27 aprile scorso, aveva dato a una collaboratrice, la quale invece andò dalla Finanza; l’altro è il tentativo di recupero di somme con sedicenti «casalesi» e le minacce di malavitosi («mandati da Gaiatto») che avrebbe subito proprio la segretaria «ribelle», mentre la donna croata che era il suo braccio destro ed è ricercata, avrebbe detto di aver fatto quello che il capo le diceva «per paura di lui».
Per il giudice però il broker non è stato credibile. Nell’ordinanza scrive che lui e la moglie hanno fatto della truffa «un sistema di vita», con una «meticolosa predisposizione criminale». L’uomo, su cui la Finanza già indagava nel 2016 per il fatto che raccoglieva denaro senza licenza (perfino la sua banca aveva segnalato operazioni sospette di riciclaggio), si è servito di numerosi collaboratori: oltre agli arrestati, infatti, 11 di loro sono stati messi all’obbligo di dimora per avergli procacciato quasi ottocento clienti e 14 milioni di euro di investimenti, mettendosi in tasca 2,3 milioni di provvigioni. In realtà dei 72 milioni solo 1,2 sono stati investiti, mentre il resto è servito per l’acquisto di una ventina di immobili che sono stati sequestrati dal gip.