Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
LA FORZA DEL SUPER TRIANGOLO
Perché il nuovo triangolo industriale Lombardia-Emilia Romagna-Veneto è oggi una positiva realtà dell’economia italiana? E quali possibili idee possono essere messe in campo per rinforzarlo? Durante il Festival cittàimpresa, svoltosi l’altro ieri a Piacenza, a queste due domande hanno cercato di offrire una risposta tre autorevoli imprenditori, uno per ogni lato del triangolo: il veneto Alberto Baban, il lombardo Carlo Bonomi e l’emiliano Alberto Vacchi.
La prima domanda può, sulla base delle riflessioni lì svolte, essere posta nei seguenti termini: c’è in qualche altra parte del mondo un’area territoriale così vasta e, a un tempo, così specializzata in tante produzioni manifatturiere di qualità come quella compresa in questo triangolo super-virtuoso? No - è stata la risposta non c’è.
Questo non vuol dire, beninteso, che in giro per il mondo – dalla Cina alla Germania, dal Giappone agli Usa – non vi siano agglomerazioni industriali di straordinaria potenza tecnologica e produttiva, ma queste sono normalmente focalizzate su una singola produzione e composte da imprese integrate verticalmente.
Ciò che rende unico – anche in una prospettiva internazionale - il nuovo triangolo è quello che possiamo definire come un doppio mix: quello fra imprese piccole, medie e grandi; quello fra specializzazioni produttive high-tech e tradizionali del made in Italy.
Le definizioni proposte dagli imprenditori danno conto di questa unicità: «una grande fabbrica organizzata» (Baban); «una grande fabbrica diffusa» (Bonomi); «un’impresa allargata, ossia che si basa su filiere» (Vacchi).
Molti sono i dati e le evidenze empiriche che si potrebbero portare a dimostrazione della robusta base manifatturiera delle tre regioni, così come della loro spiccata vocazione all’export (e questo giornale l’ha fatto più volte).
Un dato importante che è emerso a Piacenza riguarda l’incidenza – nel Paese di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sul numero dei brevetti. Secondo i dati esposti dal presidente di Assolombarda Bonomi, il nuovo triangolo è responsabile del 62 per cento dei brevetti italiani, una percentuale ampiamente superiore al peso di queste stesse tre regioni su altre variabili-chiave, quali la popolazione, il Pil, le esportazioni. E’ una leadership rivelatrice di una profonda trasformazione in atto nel tessuto produttivo, giacché i brevetti sono il risultato (l’output, il prodotto) dello sforzo innovativo delle imprese e dei territori.
Già, i territori. Il legame fra i lati del triangolo è già oggi assai saldo, anche se non mancano i margini di miglioramento. Siamo così giunti alla seconda domanda: che fare per rinforzarlo?
Il ruolo di Milano come grande metropoli sempre più caratterizzata dai servizi avanzati della cosiddetta knowledge economy non è in discussione; anzi, è riconosciuto da tutti gli altri. D’altro canto, il polo nazionale dei big data che si va formando a Bologna – ha annotato Dario Di Vico – può essere solo in una città: «Se un territorio è integrato, non ci si possono assolutamente permettere le sovrapposizioni».
Il collegamento diretto, grazie all’alta velocità ferroviaria, fra Milano e Bologna è un altro esempio cui guardare. Ancora: negli ultimissimi anni si sono irrobustite le catene di sub-fornitura fra l’Emilia Romagna (che ha leader di filiera, in specie nella meccanica avanzata) e il Veneto, e gli esempi virtuosi potrebbero continuare.
E’ un triangolo che, secondo la suggestiva immagine del presidente di VeNetWork Alberto Baban - già vice presidente nazionale di Confindustria «potrebbe essere esteso nel suo perimetro fino a comprendere Lione e Monaco».
Come in tutte le fasi di grande trasformazione non mancano, tuttavia, i nodi da sciogliere. Basti pensare – per guardare alle infrastrutture fisiche – alla Cispadana, che migliorerebbe grandemente i collegamenti fra il Veneto e due distretti industriali di eccellenza come Sassuolo e Mirandola. E basti pensare – per fare un esempio sugli investimenti in conoscenza – alla necessità di aumentare il numero di giovani che, dopo la maturità, si iscrivono al ciclo biennale degli Istituti Tecnici Superiori, profili fondamentali per le imprese nel momento in cui con Industria 4.0 si tratta di connettere tecnologie diverse.
Sostiene il presidente di Confindustria Emilia Vacchi: «Non si deve avere invidia delle eccellenze del vicino, possono essere le tue se riesci a raggiungerle».
La posta in gioco è alta: competere nel mondo come un’unica grande macroregione, il triangolo per l’appunto. Anzi, il super triangolo. Pertanto, non è possibile considerare, a livello nazionale, tutti i territori come omogenei, quasi fossero identici: ecco perché queste tre Regioni meritano una autonomia differenziata. La politica, come l’Intendenza di Napoleone, seguirà?