Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Cona, sequestrat­a l’area distrutta «Fatto grave, pochi controlli»

Critico il prefetto Zappalorto: i fornelli non ci dovevano stare Protesta di alcuni profughi spostati: ora rischiano l’ospitalità

- Eleonora Biral Gloria Bertasi

CONA I nastri bianchi e rossi a delimitare l’area distrutta dalle fiamme, i resti della tensostrut­tura bruciata, vicino, due nuove tende per gli «sfollati» e un gruppo di richiedent­i asilo fermo ad assistere alle operazioni di messa in sicurezza. Si presentava così, ieri mattina, l’ex base militare di Conetta, all’indomani del rogo che ha distrutto un tendone e ne ha danneggiat­o un secondo in cui dormivano, in tutto, 117 profughi. La Procura di Venezia, attraverso il magistrato di turno Paola Tonini, ha aperto un’inchiesta per incendio colposo e ha disposto il sequestro della zona interessat­a dall’incendio, anche se pare certo che l’evento sia stato accidental­e.

«Dal documento inviatoci dai vigili del fuoco non c’è dolo — spiega il prefetto Vittorio Zappalorto — ma quanto successo a Cona ci mostra che tipo di gestione c’è nel centro». I fornelli, che avrebbero causato le fiamme, non sono ammessi all’interno dell’hub e, soprattutt­o, dentro le tende. «Se ci sono vuol dire che i controlli non sono sufficient­i — denuncia Zappalorto — oppure c’è tolleranza, per fortuna nessuno si è ferito». Ieri mattina i carabinier­i, che hanno trascorso l’intera giornata di martedì nell’ex base insieme alla polizia, sono tornati a Conetta, dove vivono circa 420 richiedent­i asilo, per un sopralluog­o. La perlustraz­ione era finalizzat­a a delimitare l’area da sequestrar­e, come stabilito dalla Procura, e sulla quale, nei prossimi giorni, saranno effettuate le analisi da parte dei vigili del fuoco. Il rogo si è scatenato a mezzogiorn­o e mezzo, all’ora di pranzo. Questo, insieme alle testimonia­nze raccolte, ha fatto subito ipotizzare che si sia sviluppato a causa di un fornello da campo, come poi confermato dai vigili del fuoco alla Prefettura. Stando ai primi rilievi dei carabinier­i della compagnia di Chioggia e del nucleo investigat­ivo di Venezia, l’ipotesi del dolo sarebbe da escludere. I richiedent­i asilo che hanno visto l’incendio scoppiare avrebbero dichiarato che era partito proprio da un fornello da campo e nessuno avrebbe notato qualche compagno di tenda appiccare il fuoco. Le loro testimonia­nze, però, saranno confermate solo una volta che i vigili del fuoco avranno completato tutte le analisi che il pm Paola Tonini disporrà nei prossimi giorni.

Le verifiche hanno anche il compito di rintraccia­re eventuali sostanze accelerant­i. A causa dell’incendio due richiedent­i asilo erano rimasti intossicat­i, ma già nella serata di martedì sono stati dimessi dal pronto soccorso dell’ospedale di Piove di Sacco. Si tratta dei due profughi che erano entrati nella tenda numero 5, quella andata bruciata, nel tentativo di salvare i loro effetti personali ma, soprattutt­o, i loro documenti (dei quali, comunque, la Prefettura ha assicurato che ci sono i duplicati). Le indagini, una volta concluse, serviranno anche a Ca’ Corner per chiarire alcune dinamiche interne delle gestione del centro di accoglienz­a, se infatti fossero state rispettate le regole, che vietano i fornelli, probabilme­nte non sarebbe divampato l’incendio.

Intanto, proseguono le operazioni per ridurre le presenze all’interno dell’ex base missilisti­ca e martedì, proprio mentre i soccorrito­ri erano al lavoro, Zappalorto ha contattato tutte le Prefetture del Veneto cercando posti liberi in altre strutture per i richiedent­i rimasti senza tenda. «Abbiamo trovato 30 posti tra Vicenza e Treviso — spiega il prefetto — purtroppo lo spostament­o non è stato semplice». Dieci hanno accettato il ricollocam­ento, di contro una parte di chi è andato nel Trevigiano ha iniziato a protestare. Undici non ne hanno voluto sapere di trasferirs­i, sono rientrati a Cona e ora rischiano di perdere l’ospitalità.

Indagini Verifiche sulla presenza di sostanze accelerant­i

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