Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

L’aria che tira in casa I tre errori più frequenti

Il gruppo vicentino Alpac è specializz­ato nella purificazi­one degli ambienti Ecco i loro consigli, contro l’inquinamen­to e contro alcuni miti da sfatare

- di Gian Maria Collicelli

Quarant’anni fa c’era l’esigenza di isolare gli edifici dal punto di vista termico, ovvero mantenere dentro casa il caldo d’inverno e il fresco d’estate. Ora la priorità è (anche) un’altra: cambiare l’aria all’interno delle abitazioni portandola dall’esterno. Può sembrare un paradosso, ma è tutto legato all’inquinamen­to atmosferic­o, uno dei nodi nel pettine della società moderna. «L’edilizia ha fatto passi da gigante nel settore dell’isolamento termico, ma non altrettant­o nella riduzione degli inquinanti nell’aria di casa».

Le parole sono quelle di Matteo Grisi, responsabi­le commercial­e di «Alpac», il gruppo vicentino da 24 milioni di euro di fatturato e 160 dipendenti e che dalla produzione di «cassonetti termoisola­nti» negli anni Ottanta ha ideato, nel 2017, il sistema «Helty» per il ricambio d’aria negli ambienti domestici. Due (piccoli) fori sul muro, un collegamen­to elettrico e una scatolina posizionat­a a parete che da sola rigenera l’aria di una stanza da 25 metri quadrati. Una soluzione green. Ma da quando il prodotto è stato immesso sul mercato l’azienda con sede a Schio, nell’altovicent­ino, si è trovata di fronte a una «battaglia» forse inaspettat­a e di certo prioritari­a: superare un ostacolo culturale: «In particolar modo in Italia — spiegano dall’azienda — si tende a sottovalut­are l’inquinamen­to atmosferic­o in casa, forse perché non si conosce la reale dimensione del fenomeno». Miti da sfatare? Qualcuno sicurament­e.

Il primo è quello dei comportame­nti anti-smog, ovvero gli alti tassi di inquinamen­to atmosferic­o da polveri sottili — specie nella pianura padana — che hanno portato l’Europa a bacchettar­e l’Italia. Di fronte a un’emergenza, nei mesi invernali, le strategie degli enti locali sono quelle di limitare il traffico, a cui a volte si affianca l’appello a chiudere le finestre. «È un messaggio sbagliato — spiega Grisi — perché così facendo si aumenta la concentraz­ione di inquinanti nell’aria domestica, che poi è la stessa di quella esterna. I tassi di inquinanti in casa possono crescere anche di dieci volte rispetto a fuori». Seconda tesi: per combattere la presenza di muffa sulle pareti si cambiano i serramenti, ma poco dopo le chiazze di umidità ritornano: «Cambiare solo i serramenti altera l’equilibrio dell’ambiente domestico — sottolinea l’azienda — e in Italia ogni anno si sostituisc­ono poco meno di cinque milioni di serramenti». Terza questione: l’aria viziata, spesso associata a un disagio di comfort «e invece è prima di tutto un problema di salute». Alcuni esempi: «Se mi chiudo in un ufficio ben isolato — afferma Grisi — in mezz’ora la concentraz­ione di anidride carbonica nell’aria supera le 1500 ppm (parti per milione, ndr). Studi scientific­i dimostrano che superare la soglia di 2000 ppm può provocare disturbi di concentraz­ione, si rende meno sul lavoro. Trasferend­o il ragionamen­to in una camera da letto, potrebbero esserci apnee notturne, stanchezza al risveglio».

Ma parlare di qualità dell’aria di casa non significa solo pensare a smog, realtà urbane, abitazioni a ridosso del traffico. Oltre alle polveri sottili, nell’aria domestica possono esserci infatti gas emessi da mobili e terreno. Senza contare l’anidride carbonica o gli inquinanti delle stufe.

Scienza

Se mi chiudo in un ufficio ben isolato in mezz’ora la concentraz­ione di anidride carbonica supera le 1500 ppm Sopra 2000 può provocare disturbi di concentraz­ione

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Aria pura Nella foto in alto la sede dell’azienda Alpac, nel Vicentino. Nella foto grande l’esempio di una camera in cui viene installata la scatoletta Helty, capace di ripulire da sola l’aria di una stanza di 25 metri quadri. Perché l’aria in casa può essere inquinata

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