Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Toni Sirena: «Si ricordano i morti, quasi mai le responsabilità»
VENEZIA Vita a metà tra Belluno e Venezia, Toni Sirena è scrittore, storico e giornalista sulle orme della madre, Clementina Merlin. Partigiana, poi corrispondente dell’Unità dal Bellunese, Tina Merlin raccontò la tragedia del Vajont mentre, nutrito dalla diga, il «mostro» nelle viscere del monte Toc, passo dopo passo, prendeva la forma di catastrofe quasi nucleare esplosa la sera del 9 ottobre ‘63. Una tragedia costruita a colpi di leggerezza, azzardo, calcoli errati, avidità, incompetenza e connivenza, anche di uomini
Serena, il Vajont ha insegnato qualcosa al Paese?
«Sì, qualcosa sì, anche se il diavolo è sempre in agguato. A Genova, allo Stato spettava il controllo della concessione. Il ponte è bene pubblico dato in concessione a un privato, e come sia stata esercitata la funzione di controllo dovrà valutarlo la magistratura. Quanto al Vajont, col processo furono condannati dirigenti e tecnici della Sade (Società adriatica per l’energia elettrica, il privato costruttore della diga, ndr) e anche alti dirigenti pubblici, pur con pene di pochi mesi. La differenza è che fin dal ‘61 la Sade sapeva che c’erano 200 milioni di metri cubi di paleofrana in movimento sul Toc, con la perizia di Edoardo Semenza. A Genova questo non c’è, anche se le ultime notizie portano dubbi. Chissà...».
Perché succede questo? Che «difetto» ha il