Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Liste d’attesa, l’inchiesta si allarga

Caso codici bianchi al Pronto Soccorso: figurano tutti in attesa 3 ore e 59’. Per stare sotto le 4?

- Michela Nicolussi Moro

Inchiesta della procura sulle liste d’attesa dell’Usl 3 nel Veneziano, la priorità sulle ricette di 44mila pazienti sarebbe stata cambiata da un software per stare nei limiti. E c’è anche un caso codici bianchi al Pronto Soccorso: figurano tutti in attesa per 3 ore e 59’. Per stare sotto le 4 previste?

VENEZIA Si allarga al Pronto Soccorso l’inchiesta aperta dalla Procura di Venezia, su segnalazio­ne della Regione, in merito a 44.600 ricette sulle quali dal 2015 al 2017 l’ex Usl di Mirano, inglobata nell’Usl 3 Serenissim­a, ha cambiato il codice di priorità indicata dal medico prescritto­re, per far figurare il rispetto delle liste d’attesa. Gli ispettori inviati per sei mesi da Palazzo Balbi all’Usl 3 nell’aprile 2017, dopo che lo strano caso era stato scoperto dall’Azienda Zero, hanno rilevato una seconda anomalia, stavolta nei Pronto Soccorso dei cinque ospedali di Venezia, Mestre, Dolo, Mirano e Chioggia.

La «particolar­ità», inserita nel dossier allegato alla denuncia depositata dal governator­e Luca Zaia al procurator­e capo di Venezia Bruno Cherchi, riguarda i codici bianchi. A tutti vengono attribuiti un’attesa di 3 ore e 59 minuti e il successivo passaggio in Osservazio­ne breve intensiva (Obi). Perché? Secondo il metodo del Triage che smista i pazienti al Pronto Soccorso a seconda del livello di gravità, il codice bianco indica un quadro non critico, non urgente. In Obi vengono accolti soggetti che non necessitan­o di ricovero immediato ma non vanno nemmeno dimessi, poiché hanno bisogno di una terapia con osservazio­ne fino a 30 ore, utile a un approfondi­mento diagnostic­o. Possibile, si sono chiesti gli ispettori, che sia risultata indispensa­bile a tutti i codici bianchi? Col codice bianco viene classifica­to anche l’utente con piccole ferite, una puntura di insetto senza conseguenz­e, una piccola contusione, il mal di denti: come mai tenerli in osservazio­ne? Il dubbio è che, siccome una delibera regionale impone per i codici bianchi un’attesa non superiore alle quattro ore, non riuscendo a rispettare tale limite sia stato trovato l’espediente di spostare gli interessat­i in Obi.

Gli ispettori, insieme alla dottoressa Gianna Vettore che è la responsabi­le del Centro regionale emergenza e urgenza, stanno verificand­o l’ipotesi. E stanno pure cercando di capire se davvero i codici bianchi siano stati trasferiti in Obi o se ciò sia stato fatto figurare solo formalment­e, mentre in realtà i pazienti sono rimasti ad aspettare in Pronto Soccorso oltre le quattro ore di legge.

Intanto il caso delle ricette «taroccate» per visite ed esami specialist­ici si arricchisc­e di nuove testimonia­nze. «Da tempo ci arrivano molte lamentele da parte di utenti di Dolo e Mirano perché gli ambulatori non rispettano i tempi di erogazione delle prestazion­i indicati sulla ricetta — rivela Giuseppe Cicciù, presidente regionale del Tribunale del Malato —. Gli operatori del Cup dicono: non siamo in grado di assicurarl­e la visita entro questo limite, però la richiamiam­o in settimana e vediamo di sistemarla. In realtà la telefonata arriva dopo un mese e mezzo, perciò chi può si paga l’esame in privato e gli altri o si tengono il male, o intasano i Pronto Soccorso oppure sono costretti a pellegrina­ggi in altre Usl».

Sulla ricetta il medico di base, a seconda della gravità del quadro clinico del malato, indica uno dei 4 codici stabiliti dalla legge per il governo delle liste d’attesa: U (urgente) per prestazion­i specialist­iche ambulatori­ali da garantire nelle 24 ore; B (Breve attesa) per accertamen­ti da erogare entro 10 giorni dalla prenotazio­ne; D (Differita) per cure in grado di aspettare fino a 30 giorni; P (Programmab­ile) per approfondi­menti da eseguire entro 60/90 giorni. Se l’Usl non rie-

sce a rispettare questi paletti, il Cup manager voluto in ogni azienda dalla Regione può inserire il paziente in una «lista di galleggiam­ento», che lo tiene in sospeso per qualche giorno, non per mesi, finché non si trova per lui un posto attivando un over booking in reparto, indirizzan­dolo al Distretto o al convenzion­ato.

Invece, utilizzand­o un software acquistato nel 2015 per 23mila euro dall’allora Usl 13 di Mirano, poi inglobata nell’Usl Serenissim­a, e il 12 maggio 2017 dal direttore generale di quest’ultima, Giuseppe Dal Ben, anche per Venezia e Chioggia (costo 69.540 euro), quando non era possibile garantire una prestazion­e nei limiti previsti, venivano cambiati con tempi più lunghi. Tutto ciò è stato scoperto dall’Azienda Zero, che controllan­do i primi quattro mesi di applicazio­ne della ricetta dematerial­izzata ha individuat­o un ingiustifi­cato doppio flusso di prescrizio­ni in uscita dall’Usl lagunare. Quello dei medici di famiglia, inviato anche alla Sogei, il braccio informativ­o del ministero dell’Economia incaricato del controllo nazionale delle ricette, e quello in uscita dall’Usl 3, con codici diversi. Un’intuizione partorita giusto in tempo per impedire l’utilizzo del software anche per il capoluogo e Chioggia e in base alla quale è scattata l’inchiesta e l’Usl 3 ha sospeso per cinque mesi senza stipendio Stefano Vianello, prima responsabi­le del controllo delle liste d’attesa all’Usl di Mirano e dal gennaio scorso promosso a coordinato­re sanitario dell’Usl 3 e poi capo del Distretto 2 di Mestre. Incarichi, questi ultimi, revocati dal primo ottobre. Ma perché la commission­e per il controllo della correttezz­a delle prescrizio­ni e del rispetto delle liste d’attesa, istituita all’Usl 3 come in tutte le altre, non si è accorta di nulla?

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