Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Cimice, la Coldiretti: «Danni ai raccolti per 90 milioni di euro»
VENEZIA I danni maggiori li ha arrecati alle mele, per una perdita totale di 40milioni di euro, ma a risentirne sono anche le pere (25 milioni andati), le pesche (9 milioni) e i kiwi (13 milioni). Secondo il dossier di Coldiretti, che però dev’essere ancora chiuso, viaggiano verso i 90 milioni di euro i danni alla produzione ortofrutticola (coinvolti pure mais, soia, peperoni, melanzane) dalla cimice asiatica nel Veneto. «Le temperature calde di questo inizio di autunno non permettono ai tecnici agronomici di considerare sotto controllo la presenza di questo insetto alieno tra le coltivazioni — spiegano da Coldiretti —. Il primo monitoraggio è stato avviato a luglio e da quel momento è stata un’escalation negativa: a farne le spese, in particolare, è la frutticoltura veneta».
Se originariamente le province più colpite erano Padova e Rovigo, successivamente sono state colpite anche Treviso, Venezia e Verona, dove più si concentra la produzione di frutta regionale. Le rilevazioni sul territorio segnano perdite nella media del 40% per la soia, del 30% per l’orticoltura. Le punte massime riguardano il pero con percentuali fino all’80%; melo, pesche e nettarine contano perdite di raccolto attestate intorno al 40% e al 35% per il kiwi. Per ora, non essendoci in natura l’insetto antagonista della cimice, l’unica difesa sono le reti a difesa dei campi.
«In attesa che la ricerca ottenga risultati sperimentabili su vasta scala — precisa Coldiretti Veneto — i produttori possono fare riferimento ai contributi dei bandi regionali gli investimenti finalizzati alla difesa attiva, come l’acquisto e la collocazione di strumenti ad hoc. Sono investimenti utili per migliorare le prestazioni e la competitività dell’impresa agricola, che possono godere di contributi dal 40 al 60% della spesa sostenuta, a seconda dei soggetti e delle zone interessate. Siamo di fronte ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano con una tendenza al surriscaldamento. Trend che si è accentuato negli ultimi anni, come il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e l’aumento dell’incidenza di infezioni fungine».
La cimice asiatica si rigenera tre o quattro volte l’anno — ogni femmina depone 400 uova —, limitando ulteriormente l’efficacia degli insetticidi, dei quali i coltivatori non possono comunque abusare, dato che viene richiesta frutta e verdura con sempre meno protettori chimici. Gli unici insetti in grado di sconfiggerla sono in Asia, ma ne vietano l’importazione, per non alterare l’ecosistema. C’è però un progetto finanziato dalla Regione che può consentire ai ricercatori dell’Università di Padova di capire come si comporta la cimice, scovarne i punti deboli e indirizzare al meglio gli interventi chimici, fisici e biologici di contrasto.