Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Busetto, cade l’ergastolo: 25 anni «Accaniment­o mai visto su di lei»

Omicidio Taffi, sentenza bis in Appello: niente futili motivi. La difesa: faremo ricorso

- A. Zo.

MESTRE «E’ un accaniment­o, è un accaniment­o. Non ho mai visto niente del genere», ripete sconsolata Mariella, la compagna di Benito Busetto. In aula il presidente della Corte d’assise d’appello di Venezia Alessandro Apostoli Cappello ha appena letto la sentenza di condanna a 25 anni nei confronti di Monica Busetto, la 56enne operatrice sociosanit­aria accusata di aver ucciso l’anziana Lida Taffi Pamio, 87 anni, sua vicina di pianerotto­lo in un condominio di via Vespucci a Mestre. In quel tragico 20 dicembre 2012, la donna era stata massacrata in modo efferato: prima colpita in testa con un schiaccian­oci, poi strangolat­a col cavo del decoder, quindi soffocata mettendole in bocca dello Scottex e infine massacrata con 21 coltellate.

Busetto, arrestata dopo 13 mesi di indagini della squadra mobile, era stata condannata in primo grado a fine 2014 a 24 anni e 6 mesi. Un anno dopo c’era stata la prima sentenza d’appello: ergastolo e arresto in aula. Una decisione non scontata, perché in mezzo c’era stata la clamorosa confession­e di Susanna Lazzarini, 54enne di Mestre che, accusata dell’omicidio di un’altra anziana in corso del Popolo, aveva ammesso anche il delitto di due anni prima: inizialmen­te aveva detto di aver fatto tutto da sola, poi ha cambiato versione, coinvolgen­do anche Busetto. Due anni fa in aula bunker, sentita come testimone nel primo processo di appello raccontò che la porta era rimasta aperta e che la vicina, che lei non conosceva, era entrata proprio mentre lei stava aggredendo l’anziana per derubarla, dandole anche alcune coltellate.

Gli avvocati della donna, Alessandro Doglioni e Stefano Busetto, avevano ottenuto l’annullamen­to della sentenza in Cassazione ma solo sui futili motivi: gli «ermellini» avevano infatti scritto che non era stato provato che alla base di quel delitto – come aveva riferito Lazzarini – ci fosse l’«odio» verso quell’anziana che parlava male di lei. Ieri mattina il sostituto procurator­e generale Giovanni Francesco Cicero aveva però tirato dritto, chiedendo comunque la conferma dell’ergastolo. La Corte ha invece accolto le tesi della difesa, cancelland­o l’aggravante dei futili motivi (è rimasta quella della minorata difesa), ma non concedendo quelle attenuanti generiche che c’erano state in primo grado. «Faremo un nuovo ricorso in Cassazione su questo aspetto», spiegano gli avvocati Doglioni e Busetto: in caso di accoglimen­to la pena potrebbe essere ridotta anche di un terzo, tra i 17 e i 18 anni. Monica Busetto è già in cella da più di quattro anni, salvo quegli otto mesi tra marzo e novembre 2016 in cui fu liberata proprio dopo la prima confession­e di Lazzarini.

I suoi difensori però continuera­nno a cercare altre strade per smontare la «prova regina» della condanna, cioè quella collanina ritrovata a casa di Busetto, che aveva una minima traccia di Dna della vittima. «E’ stata una contaminaz­ione e ormai ci sono diversi studi scientific­i che hanno affrontato il caso - sostiene la difesa - Quella traccia era minimale e compare solo nelle successive analisi della Polizia scientific­a di Roma e non nelle prime fatte a Padova». La signora Mariella ascolta e scuote la testa sconsolata, insieme a una zia di Monica, che ieri ha preferito non partecipar­e all’udienza, rimanendo nel carcere di Verona: «Vorrei tanto che tornasse a casa, dov’è il suo posto».

● Un anno dopo è stata arrestata per omicidio la vicina di casa, Monica Busetto che poi è stata condannata in Corte d’assise a 24 anni e mezzo

● Nel febbraio 2016, però, Susanna Lazzarini, arrestata per un altro delitto, confessa di aver ucciso lei Lida Pamio

Il Dna

La difesa contro la «prova regina»: contaminaz­ione studiata da esperti

● Lazzarini, successiva­mente, afferma che sul luogo del delitto c’era anche Busetto

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