Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Prandelli: «È un grande derby ma il mio cuore dice Hellas»
L’ex ct azzurro ha guidato sia Verona che Venezia e racconta quegli anni
VENEZIA Il cappellino delle Brigate Gialloblù in testa non l’ha dimenticato. E non fatica a dire per chi farà il tifo domani, in quel Venezia-Verona che torna a far respirare aria di derby e di grande calcio a due piazze che, tra la fine degli anni novanta e l’inizio del secolo, quel derby lo combattevano in serie A. E che lui ha assaporato da vincente. Cesare Prandelli sfoglia le pagine dell’album dei ricordi e che non si dimenticano.
Prandelli, torna VeneziaVerona dopo anni...
«Mi fa piacere, perché è stato un derby che si è stato giocato anche in palcoscenici più importanti».
L’ultimo che ha vissuto se lo ricorda?
«Certo. Era il 9 settembre 2001 al Penzo, io guidavo il Venezia e perdemmo 1-0 con una rete di Salvetti».
Con Venezia che rapporto ebbe Prandelli?
«Mi fa veramente piacere che abbiano trovato un presidente come Tacopina. In quella realtà ci vuole un uomo forte, come lo era Zamparini, perché non è facile fare calcio a Venezia».
Perché secondo lei? «Soprattutto per colpa dello stadio. All’inizio andare al Penzo è affascinante, alla lunga diventa una zavorra e sono
convinto che anche i trasferimenti per la squadra diventino un problema. Ho sentito che stavolta dovrebbe essere la volta buona. Me lo auguro davvero per i tifosi».
Perché il rapporto con Venezia fu tormentato?
«Feci fuoco e fiamme per
trasferirmi a Venezia da Verona. A posteriori non so se lo rifarei. Fummo promossi al primo anno dopo essere tornati in B, eppure in curva comparve uno striscione più o meno così: “Avete fatto solo il vostro dovere”».
E lei ci rimase male.
«Era come se si aspettassero di vincere tutte le partite. Invece vincere un campionato, anche quando hai una squadra forte, non è una cosa scontata. Lo sa bene chi allena quanto sia difficile portare in alto una squadra».
L’anno successivo Zamparini la esonerò: cinque partite e cinque sconfitte.
«Prese Buso e Fanna, poi Iachini, con Magni che faceva le veci di allenatore. Quel Venezia arrivò ultimo, evidentemente non era solo un problema di allenatore».
E il suo trasferimento da Verona a Venezia?
«Eravamo in una situazione particolare, avevamo appena vinto il campionato di B ed eravamo arrivati noni in serie A. Ma Pastorello voleva smantellare la squadra per ragioni di bilancio. Non ero d’accordo, mi impuntai e raggiunsi l’accordo con Zamparini. Solo che ero ancora sotto contratto e Pastorello si arrabbiò, tenendomi fermo un mese e mezzo. Poi i due presidenti si misero d’accordo ma non so se fu la cosa giusta, perché con l’Hellas ci fu un legame viscerale, avevo pure il cappellino delle Brigate Gialloblù in testa. Ma Pastorello era vicentino, io ero visto come un suo antagonista, non era una cosa bella».
E quindi lei domani tiferà Hellas?
«Il mio cuore è rimasto lì e non faccio fatica ad ammetterlo. Verona è un pezzo di me e certi ricordi non li cancellerò mai».
Il grande ex Prandelli: «A Venezia fare calcio non è facile, per lo stadio spero che sia la volta buona»