Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Anche Vedova amava Tintoretto
Alla Ca’ d’Oro gli artisti contemporanei ispirati dal grande rinascimentale
«Una sfida contro questa figura sacrale, una specie di Sancta sanctorum», disse Emilio Vedova nel realizzarli. Un’impresa titanica come titanici sono i suoi due Dischi (1987), del diametro di quasi tre metri, esposti a Venezia nella sala della Quarantia Civil Vecchia di Palazzo Ducale. Le due imponenti opere fanno da incipit alla mostra «Dialoghi contemporanei con Tintoretto», fino al 7 gennaio alla Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, curata da Ludovico Pratesi. L’esposizione – che nasce da una collaborazione tra Polo Museale del Veneto, Fondazione Musei Civici di Venezia e Zuecca Projects - si inserisce nell’ambito delle celebrazioni che la città tributa al pittore nel cinquecentenario della nascita. Se i due lavori vedoviani costituiscono il culmine di un percorso che ha, com’è noto, in Jacopo Tintoretto una delle radici più profonde, come viene tradotta l’eredità tintorettiana dagli artisti del XXI secolo? Inquietanti o monumentali, legate alla tradizione o irriverenti, «la mostra alla Ca’ d’Oro vuole cogliere proprio le contaminazioni dell’antico sul contemporaneo», sottolinea la direttrice Claudia Cremonini. Al centro di una galleria nella galleria, è il Ritratto del Procuratore Nicolò Priuli del Tintoretto della pinacoteca, databile intorno al 1545. Il volto dell’effigiato emerge da un fondo scuro, sbalzato fuori dalle tenebre. Nera è pure la veste, cosa insolita per un procuratore della Repubblica. Forse era in abito di lutto e questo spiegherebbe lo stato d’animo che emerge dagli occhi quasi piangenti. Ai lati del Priuli dodici tele di artisti di fama provenienti da tutto il mondo (molti dei quali hanno esposto alle ultime Biennali), «per una doppia indagine sulla pittura oggi e sui ritratti», marca il curatore Pratesi. La superstar di questa quadreria è il belga Michaël Borremans, autore quotato (Francois Pinault possiede cinque opere del poco prolifico artista): il suo piccolo, surrealista The Measure II, è un mezzobusto che emerge da dove? Forse dall’acqua, forse da un mobile, forse non c’è risposta. Tra i quadri proposti, quello più tintorettiano in chiave contemporanea è Nostalgia di Glenn Brown. I volti danno adito a molte interpretazioni. Una strana Anita Ekberg viene proposta da John Currin; per Celia Paul il ritratto è intimista; è picassiano quello di Matthew Monahan; ha il colore verde quello malinconico di Victor Man; è monumentale quello di Napoleone di Yan Pei-Ming. Passando per il pop africano di Wangechi Mutu, ecco l’italiano Roberto Cuoghi: con Senza Titolo, fotografia con interventi pittorici, opera la distruzione del ritratto antico. In Beth di Markus Schinwald, il volto è coperto con dei drappi citando un video dei Kiss del 1976, mentre la negazione del ritratto è In The Sand, la morte secondo Josh Smith.