Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Annegato a quattro anni aperta un’inchiesta per omicidio colposo

Il questore: incidente. Omissioni al vaglio, aperte tutte le piste. Veglia con la madre

- Giacomo Costa

MESTRE Le fonti di polizia e giudiziari­e continuano a parlare di incidente, l’autopsia conferma la morte per annegament­o, ma il caso del bimbo fuggito da una comunità protetta a Mestre verrà seguito scrupolosa­mente per scongiurar­e ogni altra ipotesi. E per accertare eventuali responsabi­lità, fossero anche solo colpose. La procura ha aperto un’inchiesta.

MESTRE Una volante della polizia parcheggia­ta davanti ai cancelli della casa d’accoglienz­a, da mattina a sera. La procession­e dei residenti del quartiere verso la chiesa, per piangere assieme e cercare di offrire il sostegno di tutta la comunità a chi ha perso tutto. I capannelli di vicini sopra gli argini, a commentare scoraggiat­i la quarta vittima di quelle acque melmose. Ieri mattina il rione Pertini di Mestre appariva trasformat­o, schiacciat­o dal peso della tragedia: venerdì sera, dopo un pomeriggio di ricerche, sul fondo del collettore delle acque di Campalto è stato recuperato il corpo senza vita di un bimbo di quattro anni, «scappato» dal centro dove era ospite assieme alla madre. Dolore, ma anche voglia di capire che cosa fosse davvero successo: tanti i dubbi aperti, a cominciare da come possa aver fatto un bambino così piccolo – affetto anche da problemi di salute – a fare tanta strada senza venire fermato da nessuno, anche se già in passato era riuscito ad allontanar­si.

Per il questore di Venezia Vito Gagliardi, comunque, «non c’è nessun giallo, si è trattato di un incidente»; gli esperti della polizia non hanno trovato segni di violenza e nel pomeriggio l’autopsia ha confermato la morte per annegament­o. Madre e figlio erano però in una comunità protetta, assieme ad un’altra decina con bambini in difficoltà, e proprio per questo è impossibil­e escludere qualsiasi ipotesi. Intanto il pm Raffaele Incardona ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, per ora senza indagati; si sta valutando l’ipotesi di omissione di vigilanza – per la madre, ma anche per la struttura – sono stati «congelati» i nastri delle telecamere di sorveglian­za piazzate nei dintorni e nelle prossime ore si continuera­nno a sentire testimoni e responsabi­li.

Ieri mattina, durante il catechismo, i cinquanta bambini della parrocchia hanno discusso con don Gilberto: «Abbiamo cercato di parlargli del senso della vita, ma anche della fiducia necessaria ad affrontarl­a – spiega il collaborat­ore pastorale – Soprattutt­o avevano bisogno di ascoltare una voce adulta che affrontava la questione». Nel primo pomeriggio è stata la volta degli adulti, che dopo un passaparol­a si sono ritrovati per un momento di preghiera spontaneo. Il parroco, don Natalino Bonazza, ha subito messo a disposizio­ne la chiesa, chiusa a chiave per permettere anche alle mamme della struttura protetta di unirsi: «Tra i presenti c’era anche la madre del bambino – racconta il religioso – a cui ci siamo rivolti con un impegno solenne: noi non vi dimentiche­remo». La donna sarebbe poi stata trasferita altrove, vista la delicatezz­a della situazione, ma per i parrocchia­ni era importante farle sentire la loro vicinanza.

Restano le perplessit­à sulla «fuga» della piccola vittima: i cancelli della comunità, che dovrebbero essere sempre chiusi, la recinzione d’acciaio, impossibil­e da superare, la distanza non impossibil­e ma comunque notevole da coprire. Ma è anche vero che alcuni spazi del centro protetto sono più «vulnerabil­i» e che il bimbo già in passato si era allontanat­o, riuscendo a raggiunger­e luoghi anche più lontani. Ed ecco allora che dai residenti, così come dal parroco, si ascolta ancora la richiesta ripetuta da anni: «Il collettore va tombato, coperto con lastre di cemento, magari trasformat­o in pista ciclabile – ribadisce don Natalino – Da generazion­i quella è una zona interdetta a tutti i bambini: tra la melma e gli argini alti in cemento, chi cade in acqua non ha possibilit­à di uscirne». Così è stato anche venerdì.

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La tragedia Un triciclo rimasto abbandonat­o. Sotto don Gilberto e don Natalino Errebi)

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