Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Bpvi, i mancati controlli del cda hanno dato spazio ai manager»
Così la Corte d’appello di Venezia respinge i ricorsi contro le multe Consob
VICENZA «L’occulta condotta dell’alta dirigenza» di Popolare di Vicenza? «Fu resa possibile proprio dalla mancata adozione di idonee procedure, anche di controllo» che avrebbe dovuto prendere il cda. Mentre, sul fronte penale, l’inchiesta sul crac Bpvi entra nel vivo con il processo che inizierà il 1. dicembre, dopo il rinvio a giudizio deciso sabato per l’ex presidente Gianni Zonin ed altri cinque imputati (l’ex consigliere Giuseppe Zigliotto e i manager Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta, Paolo Marin e Massimiliano Pellegrini, mentre per l’ex direttore generale Samuele Sorato si deciderà a parte, nell’udienza preliminare del 20 dicembre), un primo giudizio sulle responsabilità per il disastro della popolare i giudici l’hanno già emesso.
Si tratta di quello costruito in sede civile dalla Corte d’appello di Venezia, che ha respinto in massa, in estate, i ricorsi giunti dai 43 tra consiglieri, manager e membri dei collegi sindacali (tra questi, a giugno, respinti i ricorsi dell’ex presidente Gianni Zonin, che complessivamente aveva avuto un multa di 370 mila euro e dell’ex direttore generale Samuele Sorato, che aveva ricevuto 690 mila euro e a cui era stato attribuito un comportamento doloso), sulla maxi-multa da 9,1 milioni di euro che Consob aveva firmato un anno fa dopo l’inchiesta aperta nel 2015 e durata un anno, all’indomani delle ispezioni Bce che avevano terremotato la banca, sui fronti delle azioni finanziate, degli scavalcamenti nelle richieste di vendita e del collocamento degli aumenti di capitale violando le regole di correttezza dettate dalla Mifid.
Sentenze importanti, perché determinano un primo giudizio, sia pure sul fronte civile, su quella che è la linea della contesa giudiziaria, non solo sul fronte penale, ma ad esempio anche su quello civile dell’azione di responsabilità, in cui la linea dell’ex presidente Zonin è proprio quella di dire che nella vicenda del crac sono decisive le azioni della struttura parallela dei manager, che si mossero all’insaputa del cda.
Il giudizio della prima sezione civile della Corte d’appello di Venezia in questo è chiaro. Lo si vede, ad esempio, nella sentenza firmata dai giudici Paola Di Francesco, Alberto Valle e Rita Rigoni che in 97 pagine ha spiegato i motivi con cui ha rigettato il ricorso dell’ex ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, consigliere di Bpvi dal 2011, che da Consob ha avuto una multa da 150 mila eur0.
La linea è chiara: a poco vale l’argomento della «cupola occulta» dei manager, la« dolosa macchinazione », come viene riportata nella sentenza. Perché questo, scrivono i giudici, «non sarebbe stato d’ostacolo a un’attivazione dei componenti» del cda in chiave di controllo. O di strutture di controllo, fatto centrale segnalato dai giudici. Perché per il collegio «l’omessa adozione di idonei processi in materia di prestazione dei servizi di investimento e di periodica verifica dell’adeguatezza degli stessi», insieme a quelli di gestione delle richieste di vendita delle azioni e di determinazione del prezzo delle azioni, risulta decisiva.
«La condotta dolosa dell’alta dirigenza della banca, è priva di rilievo - scrivono i giudici - perché neppure l’eventuale dimostrazione dell’attuazione di un disegno diretto a occultare le numerose irregolarità operative addebitate» a Sorato e al suo vice Emanuele Giustini «potrebbe incidere sulla colpevole inerzia dei componenti del cda nel colmare le lacune e irregolarità procedurali, che hanno esse stesse consentito a Sorato e Giustini di violare con dolo la normativa interna». Ad esempio sottraendo per lungo tempo gli acquisti delle azioni Bpvi alle regole dei servizi d’investimento. E con la mancata definizione di una procedura rigorosa sulla vendita delle azioni.