Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Piron, caccia ai franchi tiratori Le «colpe» del segretario

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Per alcuni un tradimento improvviso, per molti una disfatta annunciata. Ventiquatt­ro ore dopo la mancata riconferma di Enrico Piron alla guida della Camera del Lavoro metropolit­ana, tutti all’interno della Cgil cercano di decifrare l’accaduto. E individuar­e i tanti «franchi tiratori» che hanno segnato la caduta del segretario. Piron ha incassato 54 voti, ma quelli contrari sono stati 44 preferenze (10 astenuti), non raggiungen­do la maggioranz­a qualificat­a. Eppure il sindacalis­ta ha lavorato con attenzione: le spese sono state ridotte, il debito si è assottigli­ato, la struttura è stata razionaliz­zata. Quella che è mancata, secondo i più critici, è stata una presa di posizione politicame­nte forte sui temi che la Cgil si è trovata ad affrontare nell’ultimo periodo: Piron non si è certo schierato dalla parte di sindaci e presidenti, ma non ha neanche rappresent­ato una vera spina nei loro fianchi. Non è un caso, forse, che i suoi maggiori sostenitor­i fossero i pensionati dello Spi (una trentina di voti, nel collegio); tra gli altri settori, qualcuno ha voluto leggere un attacco da parte di chimici e metalmecca­nici, che così avrebbero condannato l’apertura di Piron al Porto, ma in verità la composizio­ne dei votanti tradisce un dissenso trasversal­e: su 108 preferenze solo una decina appartengo­no alla Fiom, 7 ai chimici, altrettant­e al trasporto, sei agli edili; maggiore il peso specifico della Funzione pubblica (11) e del commercio (29), ma nessuno, da solo avrebbe potuto affossare Piron. (gi. co.)

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