Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
UN RISCHIO LA SVOLTA FILORUSSA
Da paese fondatore dell’Unione Europea e atlantista ad oltranza, a paese anti-europeista e filoslavo. La Russia come patrono e protettore al posto degli Stati Uniti. E insieme, le due superpotenze anticamente nemiche, contro l’Europa, che entrambe vogliono indebolire: con l’Italia, anello debole in ogni caso (dell’Europa, dell’alleanza con gli Stati Uniti in chiave anti-europea, ma anche di un’eventuale alleanza con la Russia allo stesso scopo), che si presta a un gioco altrui. Il viaggio del premier Conte in Russia, i ripetuti appelli di Salvini (ancora ieri, al Forum euroasiatico a Verona), vanno in questa direzione. Il punto di partenza è quello delle sanzioni contro la Russia: argomento sensibile tra gli operatori economici del Nordest, che ne stanno pagando il prezzo, nel settore agro-alimentare, e altrove. Ma l’obiettivo è molto più ampio. Un cambio di alleanze a tutto campo, che rovescia una storia di settant’anni: da un giorno all’altro, senza esplicitarlo, e senza che si sia fatta un minimo di discussione pubblica sul tema. Eppure la politica estera rischia di cambiarci e di costarci ancora più di quella interna. E non solo per lo scontro continuo con l’Unione Europea. Gli italiani non hanno passione per le questioni internazionali: lo dimostra l’attenzione dedicata ad esse sulle pagine dei nostri giornali, in quantità e qualità. Ma la ricerca di appoggio anche economico e protezione in Russia, magari con l’acquisto da parte dei suoi fondi sovrani – non autonomi, ma alle dirette dipendente dello zar Putin.
Quindi più interessati all’aspetto geopolitico che alla redditività economica – di BTP italiani, e le ripetute attestazioni filorusse del vice-premier Salvini (che anche in politica estera, pur essendo ministro dell’Interno, appare come il vero dominus dell’alleanza di governo), hanno implicazioni troppo serie per essere trascurate, e rischiano di significare molto più di quello che sembra. E in prospettiva potrebbero metterci in difficoltà assai più di altre scelte economiche tutte interne di questi giorni.
È vero: le sanzioni alla Russia ci costano molto, e forse sono inutili e magari controproducenti (anche se sarebbe onesto dire – cosa che invece tutti tacciono – che quelle che ci costano veramente sono le contro-sanzioni decise da Putin come rappresaglia; così come sarebbe onesto ricordare che le sanzioni hanno un motivo, l’annessione della Crimea da parte della Russia: che, se accettata con nonchalance, avrebbe anch’essa delle conseguenze). Ed è legittimo volerle ridiscutere: in ambito europeo, facendo pressioni per cambiare la decisione, se si vuole. Ma uscendo dalle impressioni di breve termine, già nel medio periodo, siamo sicuri che la posizione scelta dal governo ci convenga? Le classi dirigenti economiche di questa regione, che sono direttamente coinvolte o si lamentano di esserlo, non hanno proprio niente da dire in proposito?
Già ci si aspetterebbe qualche discussione pubblica in più rispetto alla china che stanno prendendo i rapporti con l’Europa, visto che ne va dello sviluppo economico dell’area. Detto questo: davvero siamo convinti che la Russia ci possa sostenere nello scontro con l’Europa, e in qualche modo mettersi al posto suo? E lo stesso varrebbe per la Cina, peraltro, che qualcuno teorizza come altro possibile compratore dei nostri titoli di stato (salvo che la Cina è davvero una superpotenza globale, la Russia invece un gigante coi piedi d’argilla, con un PIL inferiore a quello italiano). In ogni caso si tratta di grandi potenze: il loro interesse per l’Italia è tattico, non strategico. Mentre la nostra alleanza europeista e atlantica (nonostante le politiche odierne di Trump, vanno insieme) è strategica, non tattica. E valoriale, non solo economica. Con solide basi storiche e culturali, inesistenti altrove. Chi la sta rimettendo in questione lo sa benissimo. O, almeno, chi lo sta facendo consapevolmente (la Lega). Mentre altri (dal Movimento Cinque Stelle allo stesso presidente del Consiglio) sembra non colgano davvero il valore della posta in gioco, la sua valenza strategica e il suo significato storico. Il che, naturalmente, è anche peggio.