Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Agordino, fermato il fronte del fuoco ma è disastro: centinaia di ettari in cenere

Dichiarato lo stato di crisi dell’Agordino, in cenere boschi pari a mille campi da calcio: «Colpa dei tralicci»

- Piol e Piva

TAIBON AGORDINO (BELLUNO) «Incendio domato, non spento». È una battaglia che si avvia alla vittoria quella condotta da protezione civile, servizi forestali regionali, vigili del fuoco e carabinier­i forestali intervenut­i per ridurre al minimo i danni lungo la valle di San Lucano, nel Bellunese, dove mercoledì un albero avrebbe colpito un traliccio dell’alta tensione innescando un rogo di proporzion­i gigantesch­e. Rimangono ancora accesi alcuni focolai, soprattutt­o nella parte alta della vallata che non smette di fumare, ma il peggio sembra passato.

I danni ambientali sono importanti, anche se è presto per quantifica­rli e forse anche per capire cosa sia realmente accaduto. L’incendio era scoppiato verso le 15 nel bosco che si trova sotto le Pale di San Lucano, allargando­si poi a macchia d’olio e raggiungen­do un’estensione di 7 chilometri quadrati, pari a mille campi da calcio di medie dimensioni. Un’area molto vasta e difficile da raggiunger­e a causa della sua morfologia. Il cielo era stato coperto all’improvviso da un mantello di cenere, fumo e polvere che in un’ora e un quarto aveva raggiunto la laguna veneta. A buttare «benzina» sul fuoco e impedire l’intervento degli elicotteri ci aveva pensato il Föhn, vento caldo e secco che negli ultimi giorni si è abbattuto in provincia di Belluno e in qualche valle del Vicentino portando le temperatur­e a livelli mai visti.

Le fiamme avevano intrappola­to anche due escursioni­sti, Andre Decima e Michele De Salvador, di 34 e 30 anni, partiti per raggiunger­e il bivacco Bedin sotto le Pale di San Lucano. I soccorsi li avevano guidati al telefono verso una zona sicura dove hanno passato la notte. Ieri mattina il recupero con l’elicottero. Momenti di apprension­e anche per un uomo che aveva lasciato al bivacco degli effetti personali, ma si è poi scoperto che era tornato a valle da solo. Nessun pericolo per gli abitanti del comune più vicino all’incendio, Taibon, ma il sindaco Silvia Tormen ha fatto evacuare una ventina di persone residenti nella frazione di Col di Prà dove l’aria stava diventando irrespirab­ile a causa del fumo. Ieri l’incendio faceva meno paura. Forse perché illuminato dalla luce opaca del sole o forse perché i canadair sono decollati all’alba per frenare l’avanzata delle fiamme. Nel pomeriggio le forze politiche e i soccorrito­ri si sono trovati per una riunione straordina­ria a Taibon. Mentre il governator­e del Veneto Luca Zaia ha dichiarato lo stato di crisi. «La situazione è in migliorame­nto – ha spiegato Gianpaolo Bottacin, assessore regionale alla Protezione civile – Ma c’è molto da lavorare. Abbiamo in campo quattro Canadair, altri quattro elicotteri della Regione e uno dei Vigili del Fuoco. Ne arriverà anche uno della Protezione civile nazionale “Ericcson” capace di volare in condizioni disagiate. Siamo di fronte a uno dei più importanti eventi degli ultimi 40 anni in Veneto».

Dal vertice è emerso che la situazione è peggiorata

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L’assessore regionale La situazione è in migliorame­nto ma c’è molto da lavorare. Abbiamo in campo quattro Canadair e cinque elicotteri

Il sindaco di Belluno Interrare i tralicci in montagna è l’unica via sicura, ogni condizione meteo anomala rischia di creare gravi problemi. Questo disastro lo prova

a causa del vento e delle temperatur­e elevate. Oggi il tempo dovrebbe cambiare. E da domani: pioggia, almeno fino a lunedì. Una notizia che se da una parte fa tirare un sospiro di sollievo, l’incendio già circoscrit­to si spegnerebb­e in poco tempo, dall’altra rischia di aprire un capitolo altrettant­o delicato e pericoloso chiamato «frane».

Un problema alla volta. L’incendio non ha raggiunto i limiti del Parco nazionale Dolomiti bellunesi ma i danni al bosco con migliaia di alberi bruciati e agli animali morti soffocati dal fumo è incontesta­bile. Nel frattempo è esplosa la polemica sui tralicci dell’alta tensione. «Interrare in montagna è l’unica via sicura – dichiara il sindaco del capoluogo Jacopo Massaro – Le linee aree non possono continuare a esistere nel nostro territorio: ogni condizione meteo rischia di creare gravi problemi per la sicurezza. Spero che quanto accaduto contribuis­ca a mobilitare la politica nazionale per rivedere i progetti nella nostra provincia». Intanto la Procura di Belluno ha raccolto delle annotazion­i sommarie e aprirà presto un fascicolo. Nel punto in cui è divampato l’incendio ci sono due linee: una a bassa e media tensione di Enel e una ad alta tensione di Terna. Quale linea è stata abbattuta? E soprattutt­o: l’albero era a una distanza di sicurezza dal traliccio? E nel caso: di chi era la responsabi­lità?

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Il rogoA destra (e in prima pagina) immagini scattata da Andrea De Nardin ad Agordo che ben racconta le dimensioni monstre dell’incendio divampato mercoledì in valle Agordina. Nelle foto più piccole (Foto Zanfron) il lavoro dei forestali a presidio delle aree a rischio nelle vicinanze dell’incendio
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