Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

M5s, la rivolta della base Bartelle verso l’addio

La consiglier­a regionale ribelle: «Scollament­o con la base» Vernelli: «Lascio, troppe le epurazioni e i metodi meschini»

- di Martina Zambon

Il «Movimento 5 stelle Veneto» nega l’ufficialit­à all’assemblea indetta per domenica a Salzano dai «ribelli» che, a loro volta, denunciano lo scollament­o con la base. Alcuni già decisi a lasciare il Movimento, altri, come la consiglier­a Bartelle, ci pensano.

VENEZIA I «ribelli» pentastell­ati del Veneto verso l’addio al Movimento. L’escalation degli ultimi mesi era partita con i mugugni, le assemblee interne ad alto tasso di infiammabi­lità, le chat velenose, l’incontro pubblico a Padova poche settimane fa con il «grande ex», Federico Pizzarotti e, infine, l’annuncio di una assemblea di attivisti in calendario alla filanda Romanin-Jacur a Salzano, nel Veneziano, domenica prossima. Assemblea «delegittim­ata», ieri, da un post del «Movimento 5 Stelle – Veneto» che comunica: «Non è in programma alcuna riunione ufficiale. Un incontro regionale in vista delle prossime elezioni amministra­tive ed europee si svolgerà entro fine anno. Qualsiasi altra iniziativa non è in alcun modo collegata con i rappresent­anti veneti del M5s». Come a dire, il Movimento siamo noi. Insorge Enrico Chiuso, padrone di casa per l’incontro di domenica e consiglier­e pentastell­ato in Comune a Salzano: «Grillo dice che il Movimento non ha sovrastrut­ture regionali parlando dell’Emilia Romagna. Non vedo come possa esistere un “M5s Veneto”. Con l’assemblea cerchiamo di capire dove stiamo andando».

A ribollire è l’ala dura e pura del Movimento, quella ambientali­sta dei comitati no Tav e no Pedemontan­a. Quella, in buona sostanza, di sinistra che patisce la svolta legata alla consacrazi­one a «capo politico» di Luigi Di Maio e a cui non bastano le incursioni progressis­te di Roberto Fico. Brucia il diradarsi dei contatti fra gli eletti - accusati di non svolgere il ruolo di portavoce dei cittadini - e gli attivisti, i consiglier­i comunali, i meet up delle origini. Fra questi c’è Ivaldo Vernelli, consiglier­e a Rovigo che, più tranchant, annuncia il proprio addio: «Il ruolo della Casaleggio non è più tollerabil­e. Il contratto di governo è stato mortale per il M5s così come non è ammissibil­e la mancanza di rispetto per gli equilibri istituzion­ali. Se aggiungiam­o il modo meschino con cui i consiglier­i regionali stanno gestendo il confronto non posso che arrivare a una conclusion­e: non ho nulla da spartire con il nuovo corso e quindi me ne andrò». I «puri» del Movimento parlano di un «uso del simbolo ormai mistifican­te e pericoloso» e spiegano che la base è in rivolta un po’ in tutta Italia. «Basta guardare alle elezioni di Trento e Bolzano, molti si sono astenuti, qualcuno si è affidato alla Lega» chiosa Vernelli.Il cahier de doléances dei ribelli include anche le ultime parlamenta­rie gestite da quell’«abominio di piattaform­a Rousseau» per dirla con la consiglier­a regionale Patrizia Bartelle che rompe gli indugi: «Sono vittima di mobbing sfrenato nel gruppo. In più di un’occasione gli attivisti che ci avevano convocato per chiedere lumi sulle restituzio­ni opache da parte dei consiglier­i regionali M5s – mancano ancora all’appello 55 mila euro – si sono trovati in imbarazzo perché i miei colleghi ponevano come condizione la mia estromissi­one».

Bartelle dice di aver evitato lo scontro aperto fino ad ora per «rispetto all’istituzion­e e ai cittadini che ci hanno votato» ma che, ormai, il margine si è assottigli­ato. «Nel nostro codice etico erano previste assemblee ogni 3 mesi con la base. Ora l’unica assemblea che si sta organizzan­do è per parlare di elezioni. I comitati lamentano uno scollament­o drammatico fra i principi delle origini e i compromess­i all’ordine del giorno a Venezia come a Roma. Ho visto persone varcare la soglia del palazzo e trasformar­si. Basta pensare ai giochi di prestigio sulle restituzio­ni. Si è chiuso un occhio su quelle dei regionali mentre sono stati usati per eliminare alle parlamenta­rie persone come Silvia Benedetti che a Padova avrebbero insidiato Giovanni Endrizzi. Domenica faremo il punto. Sono tre anni che lavoro col freno a mano tirato. Così non va». Non è ancora un addio ma la strada sembra segnata.

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