Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Michel, strappato al rogo «La nostra notte d’inferno circondati dalle fiamme»

Il racconto del giovane salvato. I residenti: «Vissuta un’odissea»

- di Renato Piva

TAIBON (BELLUNO) «Il gatto lo posso prendere? Mah, non so. Telefono a mio padre, che è ancora a casa. Adesso ci portano su col pulmino, e vediamo». Sono le cinque del pomeriggio e, da Taibon, la valle di San Lucano ancora non si vede. È così da ieri. La patina grigia, nel corso delle ore, ha perso consistenz­a ma non è ancora tramontata. Cose e uomini, i meccanismi si somigliano. La paura del giorno prima, la notte col fuoco a due, trecento metri dalle case, è passata. Rimane l’ansia e lo sballottam­ento, che il su e giù incessante degli elicotteri antincendi­o non aiuta a calmare. Petra Chenet stanotte (ieri) non dormirà a casa: «Abito a Col di Pra, lì abbiamo un bar e un ristorante. Tra poco ci portano a casa, prendo qualcosa per sistemarmi e via. Dove dormirò? Dal mio ragazzo, ad Agordo». Il gatto la seguirà, probabilme­nte.

Ieri si è deciso che Col di Pra, frazione del paese più esposta, sia evacuata, per ragioni di sicurezza: dopo il fuoco passato sulla seconda Pala di San Lucano e già domato, il pericolo è più che altro la caduta di pietre e materiale simile, dai pendii che hanno perduto i freni degli alberi. «A Col di Pra ci sono sette famiglie - spiega Silvia Tormen -. In tutto una ventina di persone, anche se in paese al momento ce ne sono nove.

Tutti hanno appoggi da familiari o amici». Il sindaco di Taibon ha coordinato l’aiuto agli abitanti della frazione. In serata un furgone li ha accompagna­ti in un rapido passaggio da casa: cambi d’abito, asciugaman­i e lo stretto necessario per superare qualche giorno (che siano pochi è l’auspicio di tutti, qui) da sfollati. Nicola, con la «scorta» dei carabinier­i, stamattina e stasera tornerà a Col di Pra: «Sono rimaste lì sette manze, sono di proprietà comune e bisogna dar loro da mangiare. Ho anche tre asini, ma li abbiamo spostati e sono al sicuro».

Tormen, giovane sindaca con le scarpe da trekking, nel primo pomeriggio sospirava di sollievo: «Ieri, quando ho saputo che sul monte c’erano due persone, una, fra l’altro, è un amico, mi è sembrato di essere finita in un brutto film. Stamattina, sapere che i due ragazzi stanno bene, così come un terzo escursioni­sta per cui si era temuto, ha dato un senso diverso alla giornata, pur tra mille problemi». Michel De Salvador, 29 anni, impiegato Umana di Agordo, e Andrea Decima, cinque anni in più, tecnico dell’Enel, paesano e amico del sindaco, sono stati sorpresi dal fuoco a 1.650 metri di quota, sul sentiero per il bivacco Bedin. Guidati in un’area sicura, sono stati recuperati al mattino, dopo una notte difficile perfino da immaginare: «Non scorderemo mai quanto accaduto, ed è una fortuna che possiamo raccontarl­o - le parole di De Salvador -. Era un inferno, avevamo le fiamme a 50 metri: ci hanno tagliato improvvisa­mente il sentiero alle spalle, e hanno cominciato ad avvolgerci in una cortina di fumo. La gola bruciava e si chiudeva. Però siamo riusciti a tirarci in un canalino, anche con l’aiuto del Suem, quindi abbiamo trovato una caverna di neve dove l’aria era più respirabil­e e ci siamo messi lì. Abbiamo atteso che il vento portasse via il fumo e arrivasser­o i soccorsi, questa mattina». Recuperati in elicottero: «Conoscevo anche un paio di ragazzi a bordo: incredibil­e».

Anche Luca, Eduard e Serban sono rapiti dagli elicotteri. Li guardano pescare l’acqua nel sito attrezzato al centro del paese. Nove anni il primo, sette i gemelli. Serban indica una casa alta: «Abito li. Ieri ho visto un bel fuoco, era li sopra». Hai avuto paura? «No, paura no». La paura è per gli adulti. Ferdinando, Moira, Luciana: quelli che abitano a Forno di Valle, zona alta del paese, dicono che «una cosa così non si è mai vista. Oltre al fuoco c’era vento forte... Abbiamo dormito in casa, si, ma ti svegliavi di continuo per vedere cosa succedesse fuori». La notte si somma alla coltre fumosa: le montagne, da Taibon, non si vedono più. Il buio porta anche un cattivo pensiero: «Dicono che sia stato un traliccio elettrico, e sarà così. Qui, però, ogni tanto la montagna prende fuoco perché qualcuno ci mette del suo. Dopo suggerisce una voce che chiede l’anonimato - c’è da fare il disgaggio (la messa in sicurezza di pareti e pendii, ndr.) e quello paga». Oggi si ricomincia: il conto col fuoco, dicono gli esperiti, è chiuso ma non del tutto.

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In azione Uno dei Canadair impegnati nelle operazioni di spegniment­o. (Foto Zanfron) A destra, l’immagine satellitar­e (da inmeteo.net) della nube di fumo, che ha sorvolato il Veneto
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Notte da incubo Il rogo sulla montagna. Sotto Michel De Salvador, superstite
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