Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La Miteni chiude. Il nodo bonifiche

Dopo cortei e battaglie legali l’azienda sotto accusa per i Pfas ha chiesto il fallimento

- Nicolussi Moro

VICENZA Ieri il cda della Miteni di Trissino ha deliberato la presentazi­one dell’istanza di fallimento in tribunale a Vicenza. L’impianto, accusato di aver contaminat­o con i Pfas la falda acquifera di 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova, dovrebbe chiudere prima della fine dell’anno. In ballo 122 posti di lavoro, perciò i sindacati hanno proclamato per oggi uno sciopero di otto ore. L’altro problema è la bonifica, che la Miteni doveva pagare. «Ora da chi arriverann­o i soldi?», chiedono Regione, Provincia e «Mamme no Pfas».

VICENZA Nel 2013 l’accusa di aver inquinato con i Pfas (sostanze perfluoro alchiliche) la falda di 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova, e relativo obbligo di attivare un sistema di filtri e pozzetti costato finora 3,4 milioni di euro (contro i 17 sborsati dalla Regione per gestire l’emergenza e i 120 stanziati dal governo per i nuovi acquedotti). Nel 2017 la scoperta di rifiuti tossici nell’area del torrente Poscola, fuori dallo stabilimen­to, sequestrat­a dalla Procura di Vicenza, che ha indagato nove dirigenti; quindi, l’estate scorsa, i limiti più rigidi ed equivalent­i a quelli per le acque potabili imposti alle emissioni da Palazzo Balbi. Infine, a maggio di quest’anno, la richiesta al tribunale di Vicenza di accedere al concordato preventivo in continuità aziendale, con l’impegno di presentare un piano industrial­e di rientro entro il 14 novembre. Domanda necessaria ad «assicurare il mantenimen­to delle attività a seguito della difficile situazione finanziari­a». Un crescendo culminato ieri nella decisione della Miteni, l’azienda chimica di Trissino al centro della vicenda Pfas, di depositare in tribunale l’istanza di fallimento.

«Il cda ha preso atto dell’impossibil­ità di attuare il piano industrial­e — spiega una nota ufficiale della spa di proprietà del gruppo ICIG, fondato da due fratelli tedeschi residenti in Lussemburg­o —. Il management ha rilevato l’impossibil­ità di giungere alla definizion­e certa dei tempi di sblocco delle due produzioni interdette (quella di GenX, emersa a luglio e fonte di nuove proteste, e l’altra di C6O4, ndr) e del susseguirs­i di richieste fortemente onerose giunte, tramite diffide, dalla Provincia di Vicenza. Queste diffide comportera­nno l’interruzio­ne di tutte le attività produttive, pur essendo in alcuni casi pretestuos­e e non riguardand­o anomalie conclamate o rischi per l’ambiente. Un quadro di assoluta incertezza che ha vanificato gli sforzi del management volti a rilanciare l’attività industrial­e». Restano sul tappeto il piano di bonifica che Miteni si era impegnata a presentare entro il 4 novembre e 122 posti di lavoro. «Il socio ha deciso di stanziare le risorse per finanziare la cessazione del funzioname­nto degli impianti produttivi in sicurezza e per il completame­nto delle Una manifestaz­ione delle «Mamme no Pfas» davanti alla Miteni di Trissino, che dichiara fallimento indagini e delle caratteriz­zazioni propedeuti­che alla stesura del piano di bonifica — fa sapere l’amministra­tore delegato Antonio Nardone —. Verrà finalizzat­o, con la presentazi­one del piano nei termini previsti, l’impegno dei nostri tecnici profuso nelle attività di caratteriz­zazione svolte in questi anni».

Sì, ma ora chi paga? «A pochi giorni dalla data entro la quale doveva presentare il progetto di bonifica assumendos­ene integralme­nte i costi, Miteni sceglie la via della fuga per allontanar­si dalle proprie responsabi­lità e adduce come alibi le diffide della Provincia», attaccano il consiglier­e regionale Cristina Guarda (AMP) e il capogruppo del Pd, Stefano Fracasso. «L’istanza di fallimento è un escamotage per non pagare la bonifica e non risarcire le persone contaminat­e dai Pfas — incalza Andrea Zanoni (Pd), vicepresid­ente della commission­e Ambiente — meglio sarebbe stato se la magistratu­ra avesse sequestrat­o i beni della ditta». Se non paga il privato, pagherà il pubblico. «Da tre anni dico che se la Miteni chiude, i costi della bonifica sono a carico della collettivi­tà — conviene Gianpaolo Bottacin, assessore all’Ambiente —. Il pagamento spetterebb­e al Comune di Trissino, che si appellerà agli enti superiori. Non c’è però solo la Regione, ma anche la Provincia di Vicenza e poi il danno ambientale è in capo al governo».

L’impianto dovrebbe chiudere prima della fine dell’anno, a esauriment­o dei cicli produttivi in corso, a meno che non subentri una nuova proprietà. «Il cda si è attivato per la ricerca di acquirenti, che possano salvaguard­are i posti di lavoro — svelano dalla Miteni — ed evitino la dismission­e dell’impianto e relativa dispersion­e di un know how che rappresent­a un’eccellenza nella chimica mondiale». I dipendenti hanno saputo tutto solo alle 14 di ieri e i sindacati hanno indetto per oggi uno sciopero di otto ore sui tre turni di lavoro. In più dalle 10.30 alle 13 organizzer­anno un presidio all’ingresso della fabbrica. Per loro si profila la cassa integrazio­ne.

Intanto le «Mamme noPfas» esultano. «Io me l’aspettavo — dice Fabiana Genovese — chissà che tutto ciò sia d’esempio alle altre imprese che inquinano. Ora spero che il ministro all’Ambiente, Sergio Costa, che ci ha ricevute a settembre, mantenga la promessa di stanziare risorse per la bonifica». In linea Maria Cristina Franco, presidente della Provincia di Vicenza: «Noi abbiamo sempre agito a tutela della salute pubblica e sulla base dei dati Arpav, ma ammetto che il fallimento di Miteni mi ha sorpresa. Con Comune e Regione dobbiamo però affrontare il nodo della bonifica: convochere­mo a breve il tavolo tecnico».

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Sotto accusa

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