Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I campioni, i manager, l’abbraccio della città Luciano: «Senza Gilberto siamo più deboli»

Il parroco svela le ultime parole di Gilberto. Il ricordo dei nipotini («Non ci facevi vincere mai»). Politici assenti

- Bonet

Ieri, a Treviso, l’ultimo saluto a Gilberto Benetton, scomparso lunedì a 77 anni. Per l’addio, accanto ai famigliari e agli amici, i campioni del basket e del volley e il gotha della finanza e dell’industria. Politici assenti. «Senza di lui siamo più deboli» ha detto il fratello Luciano.

TREVISO Anche il cielo si fa grigio nel giorno più triste per i Colori Uniti,il giorno dell’addio al «signor Gilberto» o meglio, al «sior Gilberto», come i trevigiani erano soliti chiamare il terzo dei tre fratelli Benetton vedendolo passeggiar­e in Calmaggior­e o esultare al Palaverde. Un titolo, sior, che a queste latitudini non è solo un segno di rispetto ma anche il pubblico riconoscim­ento reso a chi ce l’ha fatta, riscattand­osi dalla povertà grazie ad una fede cieca nella religione del lavoro, che a Nordest vale forse più di quella in Dio.

Il padre, Leone, lavorò come camionista in Libia, prima di morire di nefrite. Gilberto viene accolto nel suo ultimo viaggio dagli applausi dei trevisani, in una piazza Duomo sovrastata dal magnifico palazzo che fu il tribunale della città ed ora è la sede di Edizione, la holding della famiglia partita dai maglioni e arrivata a gestire un impero da 12 miliardi. Ai piedi della chiesa lo attendono per l’ultimo bacio la moglie Lalla, le figlie Sabrina e Barbara, il genero Ermanno Boffa, i nipoti, la sorella Giuliana (il fratello Luciano no, ha preferito varcare subito il portone della cattedrale) e gli altri membri della grande famiglia. Sui gradini, in silenzio, il gotha della finanza e dell’industria: Florentino Pérez e Alberto Nagel, Marco Tronchetti Provera e Mario Moretti Polegato, Francesco Gaetano Caltagiron­e ed Enrico Marchi, Flavio Briatore, Remo Mosole e Carlo Archiutti, Giovanni Gajo, Andrea Tomat, Matteo Zoppas, Alessandro Vardanega. Il manager di una vita, Gianni Mion, e quelli di oggi, Fabio Cerchiai, Marco Patuano, Giovanni Castellucc­i. Il fotografo Oliviero Toscani. Manca, invece, la politica: ci sono i sindaci di Treviso (la città natale), Ponzano (dove si trova la casa di famiglia, Villa Minelli) e Villorba (sede degli stabilimen­ti), il governator­e Luca Zaia. Pochi altri. «Alcuni ci hanno scritto in privato, comunque noi preferiamo le condoglian­ze della gente comune» minimizza il nipote Alessandro, accompagna­to dalla moglie, Deborah Compagnoni.

La bara, di legno chiaro, coperta dalle stesse rose bianche che ingentilis­cono l’altare, viene portata sulle note di Hallelujah di Leonard Cohen dai campioni che hanno fatto grande Benetton Basket e Sisley Treviso, a spalla: Riccardo Pittis e Lollo Bernardi, Massimo Iacopini e Marco Mordente, Massimo Bulleri e Marco Mian. Paolo Vazzoler, il capitano di un tempo che ha preso proprio il posto che fu di Gilberto ed ora guida Treviso Basket, leggerà durante la celebrazio­ne parole toccanti: «Sono stato il primo di migliaia di bambini a cui hai trasmesso la passione per lo sport. Grazie».

La messa, celebrata dal confessore di famiglia don Adelino Bortoluzzi, è sobria, essenziale eppure toccante perché in quei banchi, tra prima, seconda ed ormai terza generazion­e, dietro ai capelli bianchi di Luciano e alla treccia corvina di Giuliana, non c’è soltanto una famiglia che cambia, ma un mondo. Dopo la lettura del Vangelo di Marco, nella sua omelia don Adelino dipinge «il vento impetuoso e gagliardo» che sta sferzando i Benetton: «Non sono mesi facili» ha sospirato, ricordando come da inizio anno si sia-

no susseguite la scomparsa di Fioravante, marito di Giuliana, e Carlo, il più piccolo dei fratelli e, pur senza citarla, la tragedia del Ponte Morandi di Genova, che ha scaraventa­to la famiglia in una pozza d’odio (piazza Duomo è stata chiusa di buon mattino per il timore di contestazi­oni). «Siate orgogliosi del vostro Gilberto» ha scandito don Adelino, prima di rivelare ciò che questi gli confidò pochi giorni prima di morire: «Mi chiamò, era domenica pomeriggio. Abbiamo conversato sulle cose essenziali della vita, ha voluto l’eucarestia e poi mi ha confidato: “Non ho paura del futuro”». Un uomo «normale», quello raccontato dal confessore che amava «la brezza leggera del silenzio» perché «Dio abita nel silenzio di chi fa il bene, nelle tante belle azioni che Gilberto ha fatto nella sua vita». Il centro sportivo La Ghirada, alle porte di Treviso, ne è forse l’esempio più noto. La commozione è forte eppure un sorriso illumina per un attimo il volto sofferente della moglie Lalla: quando i nipoti, Carlotta, Rebecca ed Edoardo, salutano il nonno per un’ultima volta, ricordando quando li sfidava a braccio di ferro «e non ci facevi vincere mai» e «quando ci facevi fare i tuffi sempre più alti, quando ci ripetevi in ogni cosa di metterci più grinta. Ti vogliamo bene. Aiutaci a crescere e a diventare grandi come te».

Il pensiero della figlia Barbara, «nessuno muore sulla terra, finché vive nel cuore di chi lo ha amato», accompagna una foto del padre, voltato come per un attimo davanti a un sentiero che si perde all’orizzonte, nel libretto della messa intitolato, sempliceme­nte, «saluto a Gilberto». L’altra figlia, Sabrina, stretta forte al piccolo Edoardo, si affida invece ad una poesia di Henry Scott Holland, canonico della cattedrale di St. Paul: «Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, prega sorridi, pensami! Ritroverai il mio cuore, il tuo sorriso è la mia pace».

Al termine della cerimonia un nuovo applauso, dentro e fuori e la chiesa, tra la gente fermatasi per un istante in piazza, accompagna il corpo che sarà cremato. All’uscita, Giuliana si congeda subito mentre Luciano resta a lungo avvolto e quasi inghiottit­o dalla folla. Stringe ogni mano e ogni mano ha un aneddoto da raccontare. «Grazie, grazie a tutti» sussurra lui, prima di riprendere la via di casa, dove il «sior Gilberto» riposerà per sempre nella tomba di famiglia.

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I giocatori di Benetton e Sisley (Bulleri, Mordente, Vazzoler e Pittis da un lato e Mian, Iacopini e Bernardi dall’altro) portano la bara. La figlia di Gilberto Sabrina, i nipoti, il cognato Ermanno Boffa, la moglie Lalla Marco Tronchetti Provera Alessandro Benetton con Flavio Briatore le condoglian­ze a Luciano Benetton Il libro delle testimonia­nze
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