Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Miteni, è scontro sulla bonifica
Il ministero: «L’azienda deve contribuire». La replica: «Pronti a far vedere i libri contabili
VICENZA Dopo l’istanza di fallimento avanzata al Tribunale di Vicenza dalla Miteni, esplode la polemica su chi deve pagare la bonifica (stimata sui 18 milioni di euro). Il ministero dell’Ambiente si è già attivato e fa sapere che anche l’azienda «deve contribuire» al pagamento. Ma la replica è secca: «Siamo pronti a far vedere i nostri libri contabili». Insomma, una sorta di muro contro muro per una bonifica attesa da 21 Comuni del territorio veneto, compresi nelle province di Verona, Vicenza e Padova, per l’inquinamento da Pfas. Il ministero dell’Ambiente dovrà confrontarsi anche con la Regione Veneto e con l’Arpav.
"Il sindaco Paghi chi ha inquinato Procederò con la Regione e la Provincia
Piccoli Noi mamme no Pfas non ci fermiamo Consultati dei legali
VICENZA L’istanza di fallimento depositata al tribunale di Vicenza dalla Miteni, l’azienda di Trissino accusata di aver inquinato con i Pfas la falda acquifera di 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova (bacino di 300mila abitanti, 85mila dei quali sotto screening coordinato dalla Regione), non basta. Se la società che nel 2009 il gruppo Icig-International chemical investor (con sede in Lussemburgo e a Francoforte) ha rilevato dalla Mitsubishi per 1 euro chiuderà lo stabilimento prima della fine dell’anno, chi pagherà la bonifica? I costi sono alti: secondo una prima stima commissionata nel 2008 dalla stessiti sa Mitsubishi ad una società specializzata in studi ambientali, per smantellare la fabbrica ci vogliono 5,5 milioni di euro e per bonificare l’intera area oggi occupata dalla Miteni sono necessari tra i 12 e i 18 milioni. Cifre inaccessibili per il Comune di Trissino, meno per il ministero dell’Ambiente, che il mese scorso ha ricevuto le «Mamme no-Pfas», rassicurandole.
«Il fallimento della Miteni era nell’aria da mesi — fanno sapere dal dicastero retto da Sergio Costa — ma per finanziare la bonifica è necessario il concorso della stessa azienda vicentina. Parliamo infatti di orfani quando il privato non c’è, è irrintracciabile o insolvente. Fattispecie che non sembrano attribuibili alla Miteni, con la quale ci sarà un’interlocuzione. Lo Stato c’è, ma pretende che sia la società in oggetto a bonificare». La Direzione Bonifiche del ministero ha iniziato l’istruttoria e sta lavorando al preventivo, ma avrà bisogno di confrontarsi anche con la Regione e l’Arpav. Dal canto suo la Miteni si è già detta disponibile a pagare il piano di bonifica (che presenterà entro il 4 novembre), per un importo stimato in 1-2 milioni di euro — «il problema sono le acque, non il terreno» —, ma per l’intervento vero e proprio la società si dice «pienamente disponibile a illustrare alle istituzioni che lo richiederanno la situazione oggettiva della società».
Lo scorso maggio, infatti, quando la Icig presentò al tribunale di Vicenza la domanda di concordato preventivo in continuità aziendale «per assicurare il mantenimento delle attività a seguito della difficile situazione finanziaria», precisò: «Dall’acquisizione, nel 2009, la Icig non ha percepito dividendi, ma ha supportato finanziariamente la Miteni, assumendosi gli oneri derivanti dai problemi ambientali prodotti dalle proprietà precedenti, che hanno inciso in modo importante sul bilancio».
Domani il sindaco di Trissino, Davide Faccio, sentirà Provincia di Vicenza e Regione per capire come muoversi. «Il fallimento della Miteni non è un fulmine a ciel sereno, è l’ennesima tappa di un’annosa vicenda — nota il primo cittadino —. Ora però mi auguro che resti valida la massima: chi inquina paga». In linea Michela Piccoli, portavoce delle «Mamme no-Pfas»: «Non basta chiuderlo, quell’impianto va dismesso e spostato di lì, perchè la maggior concentrazione di inquinamento è sotto la fabbrica. La bonifica deve finanziarla la Miteni e proprio a tale scopo ne avevamo chiesto alla Procura di Vicenza (che nel 2017 ha aperto un’inchiesta e indagato nove dirigenti della ditta di Trissino, ndr) il sequestro dei beni. Non staremo guardare, ci siamo rivolti a dei legali per capire come procedere per chiedere la salvezza della falda, che va ripulita». Sembra che si stia profilando un secondo allarme: i fanghi smaltiti dalla Miteni nelle discariche veronesi starebbero a loro volta contaminando la falda.
Sbottano i segretari generali della Cgil del Veneto e di Vicenza, Christian Ferrari e Giampaolo Zanni, e i segretari generali della Filctem Cgil regionale e vicentina, Michele Corso e Giuliano Ezzelini Storti: «La decisione della Miteni di portare i libri contabili in tribunale esprime arroganza e totale irresponsabilità verso i lavoratori e il territorio. L’azienda scappa utilizzando leggi vetuste che purtroppo lo permettono. Ma noi non ci stiamo e chiediamo l’immediata apertura del procedimento per il sequestro dei beni mobili e immobili di tutti i responsabili della Miteni, sia in Italia sia all’estero. Vogliamo veder tutelati i lavoratori e i cittadini, vogliamo veder risanato un territorio devastato da chi in questi anni ha fatto finta di non sapere e di non vedere».