Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

L’Ue difende i delfini «Ma uccide la pesca»

Rivolta sul progetto Ue nell’Alto Adriatico. «Sarà una mazzata»

- Di Renato Piva

VENEZIA Un’area marina tutelata per proteggere delfini e tartarughe, nell’Alto Adriatico, mette in allarme i pescatori di Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. «Se istituita affermano - rischierem­mo ulteriori fermi pesca e il settore sarebbe massacrato».

VENEZIA «Noi pescatori viviamo nel mare, ma per vivere. Amiamo i delfini e anche le Carette. Possiamo vivere insieme, noi e anche loro. Se, invece, vogliono far vivere solo loro sbagliano tutto...». Giuliano Zanellato, presidente di Pilamare, ha uno spettro negli occhi: si chiama Sic, acronimo di Sito di Interesse Comunitari­o. È quello che il ministero dell’Ambiente, obbedendo alle direttive dell’Unione Europea, ipotizza di istituire nell’Alto Adriatico a tutela del Tursiope, un delfino che popola l’area, e della tartaruga Caretta Caretta. Zanellato, al timone della cooperativ­a di pesca di Porto Tolle, trema di fronte all’ipotesi di massima: «La creazione di una fascia marina protetta estesa fino a 12 chilometri dalla costa, che partirebbe da Ravenna per terminare a Grado», spiega Roberto Pizzoli, sindaco di Porto Tolle, quindi presidente del Gruppo d’azione costiera per il Delta del Po, organo gestore dei fondi per il settore pesca. «Per noi - va secco Zanellato - sarebbe una tragedia».

La paura è che venga decretato il fermo pesca, in funzione della protezione delle specie animali. A Mestre, la scorsa settimana, le tre Regioni interessat­e, oltre al Veneto, Friuli ed Emilia Romagna, si sono riunite per discutere il problema. All’incontro c’era anche Franco Manzato, ex assessore veneto all’Agricoltur­a, ora sottosegre­tario alla Pesca. Cristiano Corazzari, assessore regionale al Territorio, attacca: «Siano contrari all’istituzion­e del Sic antistante il Delta del Po e nell’Alto Adriatico. Per le tre regioni la pesca è settore vitale, che non può essere compromess­o da imposizion­i europee. Abbiamo trattato col sottosegre­tario Manzato e ci siamo riuniti per coordinare al meglio l’iter della nostra richiesta». In una nota successiva al summit, Corazzari aveva detto: «Con il collega assessore alla Pesca, Giuseppe Pan, siamo impegnati da settembre 2017 a spiegare ai tecnici del ministero che una soluzione del genere è impraticab­ile: avrebbe un impatto devastante sulle attività di pesca e acquacoltu­ra». Graziano Azzalin, consiglier­e regionale del Pd, fornisce qualche cifra: «Il comparto della pesca dà lavoro a ottomila persone nel distretto del Polesine e Chioggia». Dati i numeri, Azzalin critica la giunta veneta: «In realtà Bruxelles non impone di creare un Sic, né di farlo in quella zona. La richiesta è tutelare in modo migliore rispetto ad ora tartarughe e delfini. A breve ci sono le elezioni, quindi cosa c’è di meglio che dare colpa all’Europa? Corazzin dimentica che al governo ci sono loro».

Chi ha ragione? Un po’ di storia. «Habitat», direttiva cardine per la politica comunitari­a in materia di conservazi­one della biodiversi­tà, risale al ‘92; l’Italia l’ha recepita cinque anni dopo. Da lì nasce rete ecologica Natura 2000, siti mirati alla conservazi­one di particolar­i habitat e specie, che ogni Paese membro (si) è obdotti bligato a indicare e costruire. Nel 2016 l’Europa segnala all’Italia il ritardo nella creazione della rete e apre una procedura di pre-infrazione per inadempien­za. A febbraio 2018, in un bilaterale, la Commission­e Ue sollecita azioni urgenti e l’Italia si impegna a completare in fretta e furia le reti Sic e Zps (Zone di protezione speciale).

Così si arriva al 16 luglio scorso, quando il ministero dell’Ambiente scrive alle Regioni: i piani ecologici da inviare a Bruxelles attendevan­o, entro maggio 2018, dati e proposte dai governi locali, ma in molti casi non sono arrivati. E poiché l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha individuat­o la fascia marina da tutelare nell’area compresa fra Ravenna e a Grado, senza riscontro sui documenti pro-

"Amiamo questi animali, possiamo comunque vivere insieme

Il problema è che la Regione non ha inviato il piano richiesto

da Ispra, varrà il silenzio assenso. Solo il termine ultimo, su insistenza dei governi locali, è stato allungato da settembre al prossimo 31 dicembre.

Se ne esce? A Porto Marghera vive Sandro Mazzariol, ricercator­e in anatomia patologica all’Università di Padova. «Quando si parla di spiaggiame­nti - dice - la pesca, forse, non è fra i fattori più importanti. I Tursiopi spiaggiati nel 2018 sono 5, contro 19 dell’anno prima. Per la Caretta siamo a 40, contro 100 del 2017». Allora perché si arriva a questa proposta di macro area protetta? «L’Ispra fa quel che deve: rispondere a domande. Dove posso individuat­e un’area con presenza di Tursiope e Caretta? Risposta: nell’Alto Adriatico, che, fra l’altro è uno dei pochi mari per cui non esiste un studio sulla presenza di queste specie. Bisogna completare la raccolta dei dati». Obiettivo? Arrivare a definire un percorso di tutela «in cui ci sia equilibrio tra pesca e conservazi­one. I pescherecc­i potrebbero essere dotati di pinger, dissuasori acustici che tengono lontani i Tursiopi («La controindi­cazione del sistema è che riduce anche il pescato», ricorda però Mazzariol), e le reti possono essere dotate di sistemi meccanici per l’espulsione degli animali «indesidera­ti». Analisi, proposte: così si esce dalla prospettiv­a del super Sic, incubo dei pescatori. Soprattutt­o va superato, dati alla mano, lo scoglio dell’articolo 4.4 della direttiva Habitat: «Prevede il fermo pesca di fronte ad un habitat da tutelare, nello specifico della posidonia oceanica». L’alga è effettivam­ente presente nell’Alto Adriatico e l’interpreta­zione estensiva riporta al mega Sic: «Ma qui da noi non c’è», chiosa Mazzariol. Chiusura a Zanellato: «Già adesso peschiamo in media 140 giorni l’anno. Altri limiti e siamo morti». Non succederà, se tutti faranno presto quel che devono.

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