Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Stranieri in coda di notte per il permesso

Marghera: ogni sera una decina di persone si accampa davanti alla questura

- Eleonora Biral

VENEZIA Viaggio fra le decine di stranieri che, ogni notte, si accampano davanti ai cancelli della questura di Marghera per poter essere i primi a chiedere, una volta ancora, il permesso di soggiorno. I primi arrivano a mezzanotte con cartone e coperte per affrontare la nottata. Operai africani della Fincantier­i, una settantenn­e ucraina e tanti altri, anche dieci per notte, sono i forzati del rinnovo. Rinnovo di quel permesso di soggiorno fondamenta­le per restare.

MESTRE Mancano pochi minuti alla mezzanotte. Hassan, giovane nigeriano, arriva a passo spedito, in mano pezzi di cartone e una coperta. Si avvicina al cancello e li stende a terra, si siede e chiude gli occhi. Fa freddo ma lui prova a dormire. E’ arrivato presto per essere il primo della fila l’indomani, per fare le pratiche del permesso di soggiorno in tempo per andare al lavoro, alla Fincantier­i. In fianco a lui c’è Ljuba, una signora ucraina di settant’anni che vive a Jesolo. E’ seduta a terra, indossa un giubbotto invernale e un berretto bianco, ma lei non riesce a dormire, si alza, cammina avanti e indietro. Non ha voglia di parlare, dice solo che è lì per rinnovare il permesso di soggiorno presto, per andare al lavoro.

Cinque, dieci, qualche notte sono anche di più gli stranieri che dormono davanti alla questura in via Nicolodi a Marghera, sede dell’ufficio Immigrazio­ne, per poter essere i primi ad entrare il mattino successivo. Dormono per modo di dire. Il via vai di agenti, tra chi ha finito il turno e chi lo comincia, è continuo. «Sono qui per stare vicino a mio fratello che non parla italiano e che deve richiedere i documenti – racconta Julian, kosovaro - io sono in Italia da molti anni, lavoro, ho una casa. Siamo venuti a quest’ora perché al mattino la coda è interminab­ile. Sono stato in molti paesi d’Europa, mai mi è capitato di vedere la gente dormire fuori dalla questura». Mezzanotte e mezza, arriva un ragazzo di colore che scrive il suo nome su un bigliettin­o e se ne va. È una sorta di lista d’attesa, un modo per prenotarsi il posto senza dover trascorrer­e tutta la notte al freddo. La maggior parte di chi dorme davanti al cancello il giorno dopo va a lavorare. «Ci sono molti bengalesi che fanno gli operai - aggiunge Julian - La mattina vanno a lavoro senza aver chiuso occhio. Che vergogna. Gli sportelli sono pochi, le procedure lunghe. E poi c’è la fatica di capirsi, tanti arrivano senza conoscere una parola di italiano».

Le ore passano, sono le 5 e cominciano ad arrivare altri stranieri che si mettono in fila e si smistano nelle corsie in cui è diviso lo spazio sul piazzale: un paio nella fila riservata alle richieste di asilo, gli altri nella corsia per i permessi di soggiorno. La divisione è stata fatta alcune settimane fa per consentire agli agenti di gestire gli ingressi negli uffici in maniera più ordinata.

Alle sei si avvicina una mamma moldava giovanissi­ma che spinge una carrozzina, con una bimba appena nata, dietro di lei altri tre bambini che si mettono in fila e, nell’attesa, giocano. Si rincorrono, scherzano, prima di essere richiamati all’ordine dalla mamma, che gli intima di avere pazienza e stare buoni. Davanti hanno un’attesa di due ore. Le 6 sono un orario di punta. Sandro, chioggiott­o, accompagna la moglie moldava. «Ormai è la terza volta che veniamo qui all’alba ed è già tardi – dice - D’estate ci sono decine di persone che dormono qui». Alessandro arriva poco dopo. Vive a Jesolo, la moglie è messicana: «Mi chiedo perché, con l’informatiz­zazione, siamo ancora costretti a fare avanti e indietro. Perché non possiamo recarci al commissari­ato di Jesolo per il rinnovo del permesso di soggiorno?». Alle sei e mezza arriva un’ondata di famiglie, bengalesi e cinesi, i bambini ormai sono una quarantina. C’è chi si siede sull’asfalto per controllar­e un’ultima volta i documenti, chi chiacchier­a per passare il tempo. Alle sette e mezza ci sono ormai 200 persone. E sale la tensione, i primi si accalcano davanti al cancello, si litiga per l’ordine dei posti: «C’ero prima io», «Io sono qui dalle 5». Finalmente alle 8.17 esce un’agente e fa entrare solo i richiedent­i asilo. Un’altra fila, un’altra attesa, per le loro pratiche c’è uno sportello dedicato. Gli altri due sono uno riservato alle richieste del permesso di soggiorno, l’altro alla consegna dei documenti pronti.

Sono le 14 quando gli uffici chiudono le porte, sono entrate in tutto un’ottantina di persone, fuori ce ne sono altrettant­e nonostante qualcuno se ne siano andato. Una signora di mezza età urla che non è possibile, che lei è in coda dalle 8. Eppure lo sa che arrivare a quell’ora è già troppo tardi. Pazienza, ci riproverà domani.

L’attesa

Alle 14 i cancelli si chiudono, fuori sono un centinaio. Una donna grida: sono qui dalle 8

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(foto Errebi) La lunga attesa I primi cittadini stranieri arrivano verso mezzanotte per prendersi il posto e essere i primi all’apertura dello sportello. Intorno alle 8 sono quasi 200 molti con bambini piccoli perfino neonati Ma gli uffici riescono a fare un’ottantina di pratiche
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