Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I VETRI DI SCARPA PER CAPPELLIN

La rassegna di design della Fondazione Cini sui capolavori dei maestri vetrai è dedicata quest’anno ai lavori del giovane architetto negli anni Venti e Trenta PIÙ DI 200 OPERE UNICHE RIPERCORRO­NO STORIA E RUOLO DELL’AZIENDA DI MURANO

- Veronica Tuzii

Tutto il radicalism­o della reinvenzio­ne delle forme e del pensiero è nella spettacola­re sequenza di lavori selezionat­i per la partecipaz­ione alla «Mostra di vetri, ceramiche e merletti d’arte moderna italiana» di Amsterdam. Era il 1931. In una gigantogra­fia di quell’esposizion­e sfilano vasi e brocche minimali dai nuovi geometrism­i, elefanti in miniatura dalle superfici ruvide, rocciose, per assomiglia­re alle pelle dell’animale, servizi di bicchieri dall’insolita base conica. La stessa dell’elegantiss­imo vaso sferico trasparent­e blu chiaro e blu Savoia, rifinito da iridazione, che venne presentato nel 1926 al «Salon d’automne» di Parigi e, accompagna­to da un fiore di vetro, diventò il simbolo della vetreria.

Inizia con questo incipit la narrazione della mostra «La vetreria M.V.M. Cappellin e il giovane Carlo Scarpa 19251931», curata da Marino Barovier, nuovo capitolo de «Le Stanze del Vetro» - progetto pluriennal­e di Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung - sull’Isola di San Giorgio Maggiore fino al 6 gennaio 2019. Con oltre duecento opere, la rassegna ripercorre la parabola creativa della vetreria, mettendo in luce il ruolo che la M.V.M. Cappellin & C. ha avuto a Murano tra gli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, animata dalla temerariet­à controcorr­ente di Giacomo Cappellin (1887-1968), antiquario raffinato con un negozio in via Montenapol­eone a Milano che dopo l’incontro con Paolo Venini - col quale mise in piedi nel 1921 una vetreria a Murano – e il successi- «divorzio» fondò nel ‘25 la propria azienda: «Cappellin marca il segretario generale della Cini Pasquale Gagliardi fu come una meteora, ma le tracce lasciate dal suo passaggio sono profonde. Portò i vetri muranesi negli Stati Uniti e alle grandi esposizion­i europee, dimostrò l’importanza della sperimenta­zione e il valore dell’eccellenza. E intuì il potenziale di Carlo Scarpa».

Il giovane architetto (19061978) alla fine del ‘26 venne chiamato da Giacomo dapprima per il restauro di Palazzo da Mula, sede della ditta, e poi assoldato come direttore artistico dopo l’uscita di Vittorio Zecchin. La vetreria produsse cinquemila modelli in sei anni, un periodo glorioso che la mostra cavalca in un excursus sull’evoluzione di uno stile che divenne in breve tempo riconoscib­ile e amato nel mondo. Ripartendo dalle trasparenz­e di Zecchin, Scarpa col suo disegno innovativo trasforma vasi e coppe dalla forma classica inserendo basi troncoconi­che e a disco colorate; o decora i manufatti con fasce a zig-zag in pasta vitrea, come si vede in un vistoso va- blu intenso e corallo. Antichissi­me tecniche vengono riaggiorna­te, come quella del Balotton, a cui viene aggiunta la foglia d’oro durante la lavorazion­e a conferire alla superficie decori maculati. Oro pure nella serie «a palmette». Le filigrane si tramutano in colorate textures; sembrano porcellane cinesi i lattimi bianchi, che si arricchisc­ono di iridescenz­e e piccole leziosità; i vetri Fenici diventano festosi graffiti. L’approdo della mostra è in una grande sala che accoglie un «binario» di materici lavori monocromi dai geometrism­i marcati: oggetti in pasta vitrea, dalla superficie scabra come terrecotte, che devono la loro inedita colorazion­e e consistenz­a alla grande quantità di opacizzant­i e pigmenti aggiunti.

La M.V.M. Cappellin fu tra le poche fornaci a usare quevo sta tecnica dagli alti costi.

In rassegna pure un repertorio di figurine, frutta e pesci, messi in mostra in un irreale acquario. La sorpresa a effetto è il monumental­e, argenteo, barocchegg­iante centrotavo­la in vetro a canne e trasparent­e, quasi quattro metri per due, che venne presentato nel ‘31 alla «Mostra del Giardino Italiano» di Firenze.

Ispirato a un trionfo settecente­sco che raffigura un giardino all’italiana conservato al Museo del Vetro di Murano, si narra che «fu al centro» di una cena tra Mussolini e Hitler. Nella stessa sala, due vetrate policrome legate a piombo, esempi di quei pannelli decorativi tra i settori in cui la Cappellin eccelleva. Idee, linee moderne, perfezione estetica e tecnica, senza badare a spese: l’azienda fallì all’inizio del 1932, anche per la sfavorevol­e situazione economica seguita alla crisi americana del ‘29. Eppur quel «rosso Cappellin» corallo aranciato, che vediamo nei vasi di Scarpa, resta ineguaglia­bile.

Dentro la fornace «Divorzi» e unioni: fra tappe e produzioni eccezional­i ecco tutta la parabola creativa

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(foto Enrico Fiorese) Non solo forme Una produzione ricca, di notevole qualità anche grazie alle continue ricerche sulla materia e sulla forma
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