Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’imprenditore rivoluzionario e l’impronta del genio artigiano
Nuovi designer e format: nasce la fabbrica moderna
«Giacomo Cappellin, imprenditore audace innamorato del vetro; Carlo Scarpa genio da sempre». Definisce così le due figure protagoniste della nuova mostra de «Le Stanze del Vetro» Marino Barovier, studioso del vetro e curatore dell’esposizione veneziana. La rassegna è il racconto di una vicenda artistica esaltante, nonché di un percorso rivoluzionario fatto di ossessive sperimentazioni per raggiungere una produzione vetraria dagli esiti altissimi.
Dalla mostra emerge la personalità e il ruolo di rinnovamento di Giacomo Cappellin.
«Sì, è l’aspetto principale che si voleva mettere in evidenza. Nella storia vetraria del Novecento, Cappellin è stato colui che ha maggiormente contribuito a cambiarne gli aspetti formali, coloristici e materici. Una rivoluzione iniziata durante l’avventura con Paolo Venini (oggetto di una precedente mostra sempre per «Le Stanze del Vetro»). Fu lui, nel 1921, che ebbe l’idea di far nascere una fabbrica “moderna” che si doveva distinguere nel panorama muranese con creazioni eteree e dalle linee semplici, in netto contrasto con la sovrabbondanza della produzione vetraria tardo Ottocento. I pezzi della Cappellin-Venini, realizzati sotto la direzione artistica di Vittorio Zecchin, erano esposti tutti i sabati nel negozio in piazzetta dei Leoncini. E tutti li copiavano perché ricchi di novità. Dopo la rottura con Paolo, lo step successivo (al centro di questa rassegna) - in un clima di sano agonismo con Venini che era da sprone a fare di più e sempre meglio - è stato l’intuizione di aprire con Scarpa la via ai nuovi designer del vetro, che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia dei manufatti in vetro. Cappellin demandò a Carlo Scarpa il compito di inventare nuovi “format”».
L’incontro con Scarpa è stato fondamentale per tradurre le idee di Cappellin, ma, viceversa, l’imbattersi in Cappellin ha significato molto per il giovane Scarpa.
«La storia di Scarpa e le fornaci è durata oltre vent’anni, iniziata nel 1926 con Giacomo e proseguita fino al 1947 proprio da Paolo Venini, dopo la chiusura dell’azienda M.V.M. Cappellin. Nel primo periodo di esperienza col vetro, Scarpa ha avuto la fortuna di potersi rapportare con un imprenditore che lo lasciava libero di provare e provare, senza limiti di tempo e denaro, sperimentare nuove tecniche, accostamenti cromatici, forme».
Quanto è stata importante l’esperienza del vetro per Carlo Scarpa?
«Scarpa ha imparato tutto dalle fornaci, perso ché le fornaci sono come un cantiere, nel rapporto con le maestranze, i colori e la materia. Tutti aspetti fondamentali anche per il suo essere architetto».
In mostra sono presenti due vetrate policrome, un altro esempio di collaborazione, da parte di Cappellin, stavolta con pittori.
«I pannelli decorativi sono stati un altro must di eccellenza della produzione dell’azienda. Inaugurato nel 1926 con le opere di Vittorio Zecchin esposte alla Biennale, questo settore è stato portato avanti lungo tutta l’attività della vetreria fino alla sua chiusura. Furono create straordinarie vetrate su cartoni di vari autori, tra i quali Casorati, Ortona e Sironi, solo per citarne alcuni».
Cosa vorrebbe che rimanesse nel visitatore? «Lo stupore nel costatare la straordinaria qualità e la modernità di quella coloratissima produzione realizzata in così pochi anni grazie alla sinergia di un appassionato Cappellin e un talentuoso Scarpa».
Passione e successo L’obiettivo di distinguersi nel panorama muranese con creazioni eteree e fornaci intese come un cantiere da cui imparare tutto
Catalizzare e stupire Una straordinaria qualità e modernità quella della coloratissima produzione accessibile al pubblico che lascia di stucco i visitatori