Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Tassazione e flessibilità Restituiamo alle città le Fondazioni liriche
Nel merito delle Fondazioni liricosinfoniche, nei giorni scorsi è avvenuto un interessante incontro in Commissione Cultura del Senato dov’è intervenuta Enrica Laterza, Presidente della Sezione del Controllo sugli Enti della Corte dei Conti, in merito al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle medesime Fondazioni. La sintesi dell’incontro si può riassumere in questa dichiarazione da lei depositata «È sempre più evidente che il sistema delle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche così com’è stato concepito non appare più sostenibile, un ripensamento sarebbe utile». Va da sé che la disamina dell’incontro ha riguardato vari aspetti su cui ci esimiamo, dato il poco spazio, di citarli. Ci ha comunque fornito il dato dell’indebitamento pregresso complessivo delle 14 Fondazioni stimato in 431 milioni e ha affermato «la tendenza del costo del personale ad assorbire la quasi totalità dei contributi in conto esercizio». Si è soffermata anche sull’Arena di Verona affermando che «è sede di un prestigioso festival estivo di grande richiamo turistico grazie anche alla grandiosa sede che lo ospita. Non altrettanta fortuna ha però la sua programmazione nel resto dell’anno, condotta in particolare nel Teatro Filarmonico …». In ogni caso, sulla base dei dati dei consuntivi 2016 (gli ultimi disponibili per le attività di referto della Corte dei Conti), registrano risultati costantemente positivi sia l’Arena di Verona, il Verdi di Trieste, La Fenice di Venezia e il Comunale di Bologna. Fra le soluzioni prospettate «si potrebbe innanzitutto riflettere sul ruolo dei Comuni nella governance delle Fondazioni a sottolineare il radicamento dell’opera lirica nella comunità locale», ma anche «Si potrebbe, inoltre, favorire la creazione di sistemi regionali integrati in cui troverebbero collocazione ideale anche i grandi festival estivi, valorizzati nella loro funzione trainante». Il sistema, spiega, «è basato su un unico modello, delineato nel 1996, che mal si adatta alle diverse Fondazioni, per storia, tradizione e per bacino di utenza di ciascuna, che, talvolta, non va oltre una dimensione regionale o locale». Su queste pagine a più riprese abbiamo evidenziato i disastri intervenuti con il decreto legislativo 367/1996 voluto da Walter Veltroni (Pd) ora evidenziato negativamente anche dalla Corte dei Conti. Allora Veltroni non ebbe la forza e la lungimiranza politica di proporre una radicale riforma privatistica lasciandola a metà del guado con quel «ridicolo escamotage giuridico» (come ci ha recentemente ricordato Paolo Isotta su Il Fatto Quotidiano) delle «fondazioni di diritto privato» che negli anni successivi portarono le fondazioni al depauperamento del loro valore e alla spesa fuori controllo che ha costretto a distanza di anni un altro ministro PD, Massimo Bray, ad intervenire (legge 112/2013) per sanarne i debiti dato che erano quasi tutte sull’orlo della liquidazione coatta amministrativa (una già fallita, il Teatro Comunale di Firenze - il cui presidente era il sindaco Matteo Renzi - poi risorto come Opera di Firenze con 29 milioni dalla Legge Bray … e ora sembra ne siano arrivati altri 40 per continuare a tenerla in vita dato che l’indebitamento era arrivato a 62 milioni su un bilancio di 65). In conclusione, va colto questo importante invito pervenutoci dalla Corte dei Conti di ripensare in toto il sistema che regola le attuali 14 fondazioni lirico sinfoniche. Una proposta? Ogni città dovrebbe gestirsi in loco il proprio teatro sganciati dalla normativa nazionale, con liberalità nei rapporti, minore tassazione, flessibilità nel rapporto di lavoro e semplificazione delle procedure. Solo in questo modo ogni fondazione saprà risorgere con le proprie forze, liberarsi da sola dal debito pregresso e procedere speditamente verso il proprio rilancio. Contrariamente, dovrà essere lo Stato a farsi carico del pesante debito pregresso complessivo dei citati 431 milioni e rimpolpare abbondantemente l’attuale contribuzione pubblica (FUS) per far fronte alla continua crescita della spesa corrente.