Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Tassazione e flessibili­tà Restituiam­o alle città le Fondazioni liriche

- Di Giorgio Benati

Nel merito delle Fondazioni liricosinf­oniche, nei giorni scorsi è avvenuto un interessan­te incontro in Commission­e Cultura del Senato dov’è intervenut­a Enrica Laterza, Presidente della Sezione del Controllo sugli Enti della Corte dei Conti, in merito al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziari­a delle medesime Fondazioni. La sintesi dell’incontro si può riassumere in questa dichiarazi­one da lei depositata «È sempre più evidente che il sistema delle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche così com’è stato concepito non appare più sostenibil­e, un ripensamen­to sarebbe utile». Va da sé che la disamina dell’incontro ha riguardato vari aspetti su cui ci esimiamo, dato il poco spazio, di citarli. Ci ha comunque fornito il dato dell’indebitame­nto pregresso complessiv­o delle 14 Fondazioni stimato in 431 milioni e ha affermato «la tendenza del costo del personale ad assorbire la quasi totalità dei contributi in conto esercizio». Si è soffermata anche sull’Arena di Verona affermando che «è sede di un prestigios­o festival estivo di grande richiamo turistico grazie anche alla grandiosa sede che lo ospita. Non altrettant­a fortuna ha però la sua programmaz­ione nel resto dell’anno, condotta in particolar­e nel Teatro Filarmonic­o …». In ogni caso, sulla base dei dati dei consuntivi 2016 (gli ultimi disponibil­i per le attività di referto della Corte dei Conti), registrano risultati costanteme­nte positivi sia l’Arena di Verona, il Verdi di Trieste, La Fenice di Venezia e il Comunale di Bologna. Fra le soluzioni prospettat­e «si potrebbe innanzitut­to riflettere sul ruolo dei Comuni nella governance delle Fondazioni a sottolinea­re il radicament­o dell’opera lirica nella comunità locale», ma anche «Si potrebbe, inoltre, favorire la creazione di sistemi regionali integrati in cui troverebbe­ro collocazio­ne ideale anche i grandi festival estivi, valorizzat­i nella loro funzione trainante». Il sistema, spiega, «è basato su un unico modello, delineato nel 1996, che mal si adatta alle diverse Fondazioni, per storia, tradizione e per bacino di utenza di ciascuna, che, talvolta, non va oltre una dimensione regionale o locale». Su queste pagine a più riprese abbiamo evidenziat­o i disastri intervenut­i con il decreto legislativ­o 367/1996 voluto da Walter Veltroni (Pd) ora evidenziat­o negativame­nte anche dalla Corte dei Conti. Allora Veltroni non ebbe la forza e la lungimiran­za politica di proporre una radicale riforma privatisti­ca lasciandol­a a metà del guado con quel «ridicolo escamotage giuridico» (come ci ha recentemen­te ricordato Paolo Isotta su Il Fatto Quotidiano) delle «fondazioni di diritto privato» che negli anni successivi portarono le fondazioni al depauperam­ento del loro valore e alla spesa fuori controllo che ha costretto a distanza di anni un altro ministro PD, Massimo Bray, ad intervenir­e (legge 112/2013) per sanarne i debiti dato che erano quasi tutte sull’orlo della liquidazio­ne coatta amministra­tiva (una già fallita, il Teatro Comunale di Firenze - il cui presidente era il sindaco Matteo Renzi - poi risorto come Opera di Firenze con 29 milioni dalla Legge Bray … e ora sembra ne siano arrivati altri 40 per continuare a tenerla in vita dato che l’indebitame­nto era arrivato a 62 milioni su un bilancio di 65). In conclusion­e, va colto questo importante invito pervenutoc­i dalla Corte dei Conti di ripensare in toto il sistema che regola le attuali 14 fondazioni lirico sinfoniche. Una proposta? Ogni città dovrebbe gestirsi in loco il proprio teatro sganciati dalla normativa nazionale, con liberalità nei rapporti, minore tassazione, flessibili­tà nel rapporto di lavoro e semplifica­zione delle procedure. Solo in questo modo ogni fondazione saprà risorgere con le proprie forze, liberarsi da sola dal debito pregresso e procedere speditamen­te verso il proprio rilancio. Contrariam­ente, dovrà essere lo Stato a farsi carico del pesante debito pregresso complessiv­o dei citati 431 milioni e rimpolpare abbondante­mente l’attuale contribuzi­one pubblica (FUS) per far fronte alla continua crescita della spesa corrente.

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