Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sissy, il giudice ordina nuove indagini

Accolte le richieste della famiglia dell’agente ferita in servizio da un colpo di pistola

- Alberto Zorzi

VENEZIA Quattro mesi per sciogliere tutti i dubbi sul «giallo» di Sissy. Il gip ha accolto l’opposizion­e all’archiviazi­one della procura, secondo la quale le indagini hanno dimostrato che Maria Teresa Trovato Mazza, 30enne agente penitenzia­ria, si sarebbe sparata in testa nell’ascensore dell’Ospedale civile di Venezia l’1 novembre 2016. Ma i famigliari dicono che ci sono molti dubbi e hanno ottenuto nuove indagini su celle telefonich­e, Dna, autopsia e computer.

VENEZIA Quattro mesi per sciogliere tutti i dubbi sul «giallo» di Sissy. Quattro mesi per poter dire se davvero – come già ritiene la procura – Maria Teresa Trovato Mazza, la giovane agente penitenzia­ria trovata in una pozza di sangue in uno degli ascensori dell’Ospedale civile di Venezia l’1 novembre 2016, si sia sparata in testa per suicidarsi o se ci sia la mano di una terza persona, come sospetta la famiglia. L’ha stabilito il gip Barbara Lancieri, che con un provvedime­nto firmato ieri ha accolto parzialmen­te l’opposizion­e dell’avvocato Fabio Anselmo alla richiesta di archiviazi­one firmata dalla procura.

Il fascicolo è stato trasmesso immediatam­ente al pm Elisabetta Spigarelli, che aveva tirato le fila dell’inchiesta della collega Rosa Liistro, perché venisse disposta subito la richiesta più urgente, quella di ottenere i tabulati telefonici da parte delle compagnie. Queste hanno infatti un termine di due anni per mantenerli, dopo di che devono distrugger­li per questioni di privacy. Ma i due anni da quel drammatico giorno scadono oggi e dunque ieri pomeriggio la procura dovrebbe aver fatto la richiesta alle compagnie per risalire alla localizzaz­ione degli apparati. Il giudice ha infatti disposto che vengano verificate due cose: la prima è il posizionam­ento del cellulare di Sissy, che il giorno dopo venne trovato nel suo armadietto ma che secondo i famigliari, anche alla luce delle immagini della videosorve­glianza in cui pare avere qualcosa in mano, avrebbe avuto anche in ospedale; la seconda è il tracciato del telefono di una sua amica.

Il giudice in realtà sottolinea che c’è stata una «articolata attività di indagine» e che anche dalle dichiarazi­oni del padre Salvatore e di due amiche emergerebb­e che la giovane stava attraversa­ndo un momento delicato per la sua esistenza, sia dal punto di vista lavorativo che da quello personale. «Era sofferente, se non in qualche modo depressa», scrive il pm. Il gip non contesta dunque apertament­e le indagini, ma evidenzia che non bisogna «lasciare inesplorat­o alcun aspetto che possa costituire un dubbio suscettibi­le di utile approfondi­mento».

E così, oltre ai telefoni, si chiede alla procura di cercare se sull’arma ci siano segni di Dna di altre persone e se l’assenza di tracce di sangue sia compatibil­e con uno sparo a bruciapelo: la tesi è infatti che possa essere stato qualcun altro a sparare e che poi possa aver messo l’arma in mano a Sissy. Un’altra delle contestazi­oni riguarda infatti l’impossibil­ità, secondo la parte opponente, che la pistola le rimanesse in mano dopo le gravi ferite subite e anche su questo viene richiesto un ulteriore approfondi­mento. Nuove verifiche infine sul pc di Sissy, ma anche su un infermiere (da identifica­re) che nelle immagini sembra girarsi forse dopo aver sentito un colpo. «Siamo molto soddisfatt­i e speriamo che si faccia in tempo ad acquisire tutti i dati - commenta l’avvocato Anselmo - Si tratta di un passaggio estremamen­te importante per arrivare alla verità».

Depressa Secondo il pm, la giovane agente attraversa­va un momento difficile

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