Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La nuova partita delle Province: «Assorbiamo gli enti inutili»
Variati (Upi): «Nel 2019 più risorse dal governo, ma non basta»
VENEZIA Le Province cercano una nuova strada: «Servono risorse, il governo ci faccia assumere giovani e ci lasci assorbire gli enti inutili».
VENEZIA Su un elemento sono (quasi) tutti concordi, destra o sinistra poco importa: la riforma delle Province varata dal governo Renzi ha generato più grane che benefici. Senza peraltro ridurre i costi, anzi: con l’adeguamento dei trattamenti salariali dei dipendenti presi in carico dalle Regioni, alla fine la spesa corrente è pure aumentata. Di quanto? Per il solo personale, da quest’anno, il Veneto sborserà un milione e mezzo di euro in più. Sono quattrocento i lavoratori «beneficiati» dall’integrazione in busta paga, il che ha spinto l’assessore al Bilancio della giunta Zaia, Gianluca Forcolin, a liquidare la riforma come una rivoluzione «che continua a far danni».
Ma il giorno successivo alla tornata elettorale per il rinnovo di cinque delle sette assemblee provinciali venete (erano chiamati a votare sindaci e consiglieri comunali, unica eccezione Venezia e Belluno), e dopo quattro anni di polemiche sui tagli subiti dagli enti già svuotati di tecnici, amministrativi e polizia provinciale, torna alla ribalta un altro problema: come faranno le sette Province a gestire strade e scuole se il saldo negativo delle risorse a disposizione supererà i 107 milioni nel 2018, dall’anno della riforma?
Che la situazione sia grave lo conferma lo stesso Achille Variati, ex sindaco Pd di Vicenza e presidente dell’Upi (l’Unione Province Italiane) fino al prossimo gennaio. Tuttavia Variati non è del tutto pessimista. E dopo aver consultato i viceministri Massimo Garavaglia (Lega) e Laura Castelli (M5S), nonché il vicepremier Matteo Salvini, ritiene si prospetti uno scenario più positivo. Su due elementi fondamentali: risorse e competenze, con le nuove Province già chiamate ad operare come «stazione unica appaltante» al servizio dei Comuni, fornendo cioè consulenza tecnica e legale per gli appalti di importo superiore ai 40 mila euro. Ma anche come coagulante di tutti quegli enti intermedi, spuntati come funghi, il cui costo continua ad appesantire il bilancio dello Stato.
Ma partiamo dalle risorse. «Finalmente riusciremo a partecipare al riparto di 3 miliardi di euro destinati alle infrastrutture entro i prossimi anni - spiega Variati -. Pensiamo al Veneto: solo per esaminare le condizioni di 1.354 ponti e viadotti servono 16 milioni. Per sistemare o ricostruire le 240 strutture classificate in priorità “1” la stima è di 135 milioni. Finché sarò in carica non mollerò».
Per Variati è una questione di «uguaglianza». «Le faccio un esempio: le Province, così a corto di soldi, devono gestire 110 mila chilometri di strade in Italia. L’Anas 23 mila. Le provinciali collegano i paesi, i borghi, le zone industriali alla viabilità principale, e rivestono un’importanza fondamentale per l’economia e la ricchezza del Paese. Per questo le definisco “strade dell’uguaglianza”: chi vive nei Comuni più periferici e chi nelle metropoli ha pari dignità e diritti».
In questo senso, allontanare la gestione di viabilità e scuole dal territorio «è stato l’errore più macroscopico della riforma». «E al governo Renzi avevamo spiegato che sarebbe costata di più». Il rovescio della medaglia ha riguardato il coinvolgimento diretto dei sindaci nella gestione dell’ente: «Hanno imparato a governare insieme, ed è stata un’intuizione positiva, senza pensare al solo “campanile”». Ma se la stessa Corte dei Conti ha definito «irragionevoli» i tagli alle risorse delle Province (che provengono soprattutto da assicurazioni Rc e passaggi di proprietà dei veicoli) come se ne esce? «Trattando una revisione della riforma. Intanto, nel 2019, avremo 250 milioni in più per le manutenzioni».
E la trattativa - sulla quale il governo sarebbe pronto ad aprire - riguarderà anche i cosiddetti «enti intermedi». «Mi riferisco agli Ambiti Territoriali Ottimali, ossia gli Ato. Ce ne sono di ogni tipo: per i rifiuti, per l’acqua, per l’energia, per i trasporti pubblici». E ciascuno con un proprio presidente e Consiglio di amministrazione, ossia con poltrone spesso ben remunerate. «Portiamoli tutti in Provincia, eliminando i costi inutili. Rimpiazziamo il personale con giovani tecnici e ingegneri. Superiamo la rigidità delle regole. Così le Province assumerebbero un ruolo propulsore per ciascun territorio», chiude Achille Variati.
Si spinge più in là uno dei più acerrimi nemici veneti della riforma Delrio: il presidente leghista della Provincia di Treviso, nonché sindaco di Castelfranco, Stefano Marcon. Peraltro protagonista, il mese scorso, di uno scontro al calor bianco con il governo gialloverde proprio sul capitolo risorse per strade e ponti (scrisse un comunicato in cirillico «perché se non capiscono l’italiano magari col russo funziona»): «Dal ministero riceveremo altri 1,5 milioni nel triennio. Il prossimo passo? Spero che si torni all’elezione diretta». Insomma, che presidente e Consiglio tornino ad essere espressi dai cittadini.
Achille Variati Avremo più soldi per strade e ponti, ma dobbiamo tornare ad essere vicini al territorio