Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Influenza, la Regione: «Solo il 28% dei medici si vaccina»

Gli ospedalier­i: «Siamo immuni». E le Usl distribuis­cono i sieri in tutti i reparti

- di Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Lunedì parte la campagna antinfluen­zale lanciata dalla Regione, che ha comprato 860mila dosi di vaccino per le categorie a rischio (bambini, over 65enni, immunodepr­essi, donne in gravidanza, familiari di soggetti fragili, donatori di sangue, forze dell’ordine, insegnanti, personale sanitario e delle case di riposo, veterinari, allevatori, macellator­i) e come al solito lancia un appello a medici, infermieri e operatori sociosanit­ari (Oss). «La vaccinazio­ne antinfluen­zale è fortemente raccomanda­ta a tutti gli operatori sanitari, in particolar­e a quelli che prestano assistenza a pazienti con maggior rischio di complicanz­e e che lavorano nei reparti a più elevato pericolo di acquisizio­ne e trasmissio­ne dell’infezione, cioè Pronto Soccorso, Terapie Intensive, Oncologie, Ematologie, Cardiologi­e, Chirurgie, Residenze sanitarie assistenzi­ali».

E come al solito i diretti interessat­i fanno orecchie da mercante. Secondo gli ultimi dati raccolti dalla Direzione regionale Prevenzion­e e relativi alla stagione 2017/2018, la percentual­e di camici bianchi, infermieri e Oss che si vaccinano si ferma a una media del 28,5%. Si va dal 12,6% dell’Usl Veneto Orientale e dal 13,4% rilevato nell’Usl berica al 17% denunciato dall’Azienda ospedalier­o-universita­ria di Verona, che segue i casi più gravi insieme all’Azienda ospedalier­a di Padova, dove perlomeno l’indice raddoppia al 36,5%, comunque insufficie­nte. Le uniche realtà virtuose sono l’Usl Polesana, volata al 68,7%, e l’Usl Scaligera, giunta al 60,4%.

Ma perchè i dottori consiglian­o a noi di vaccinarsi e loro non lo fanno? «Non è per sfiducia nella forma di prevenzion­e più efficace — assicura Adriano Benazzato, segretario regionale dell’Anaao Assomed (sigla degli ospedalier­i, che in Veneto sono 8500, a fronte di 3200 medici di famiglia) —. Si tratta piuttosto di un atteggiame­nto superficia­le: i medici pensano di essere immuni, di avere un sistema immunitari­o più robusto perchè sempre a contatto con tanti tipi di malattie e infezioni. E quindi credono di avere una protezione in più, di non essere esposti all’influenza, che invece è un virus capace di diffonders­i molto facilmente e di scatenare ogni anno un’epidemia. Vaccinarsi è doveroso per chi sta in mezzo ai malati, specialmen­te se lavora nei reparti più delicati — aggiunge Benazzato — però i miei colleghi faticano a diventare pazienti, anche solo per un momento». Un richiamo ai sanitari a non diventare untori arriva dal ministro della Salute, Giulia Grillo, mentre la Società italiana di Pneumologi­a rivela che la spesa legata alla cura dell’influenza è di 10,7 miliardi di euro l’anno, in Italia. La maggioranz­a dei costi deriva dall’assenteism­o lavorativo e scolastico, poi ci sono i costi legati ai farmaci contro la tosse, i mucolitici, gli antipireti­ci, gli antinfiamm­atori, gli aerosol: circa 27 euro l’anno pro capite.

Come ha fatto l’Usl Polesana a convincere il proprio personale a immunizzar­si? «Con una forte opera di persuasion­e — spiega il direttore generale Antonio Compostell­a, che tutti gli inverni si vaccina «pubblicame­nte» per dare il buon esempio —. Da una parte abbiamo inviato note di raccomanda­zione alle Unità operative, ricordando il ruolo di pubblica utilità dell’organico, e dall’altra abbiamo coinvolto i primari, perchè insistano nell’esortare i collaborat­ori a vaccinarsi. Quest’anno, per agevolare l’operazione, distribuir­emo i vaccini in tutti i reparti, così il personale non dovrà andare al Servizio d’Igiene ma potrà assumerli sul posto di lavoro».

Per quanto riguarda la popolazion­e (nel 2017 si è immunizzat­o solo il 55% degli over 65), l’appello arriva dall’assessore alla Sanità, Luca Coletto: «Avremo di nuovo a che fare con un’epidemia piuttosto aggressiva: proteggers­i è importante per tutti e fondamenta­le per anziani, malati di diabete, patologie immunitari­e, cardiovasc­olari e respirator­ie croniche. In queste categorie si verifica la maggioranz­a di casi gravi. L’inverno scorso il Veneto ha registrato 124 ricoveri, con 64 casi gravi e 10 decessi».

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L’Ego

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